Per chi già non la conoscesse, l’espressione idiomatica statunitense «My Two Cents», nella quale può capitare d’imbatterci alla fine o all’inizio di qualche commento, sotto ad un post di un blog o di un social network, significa semplicemente che l’autore di quel testo sta avvisando i lettori che le sue parole vanno prese non come una verità assoluta, rivelata da uno specialista dell’argomento ad un pubblico di comuni mortali, ignoranti o resi ciechi dall’ottusità, ma solo un suo umile contributo ad una discussione pubblica: una buona traduzione della frase «these are my two cents» potrebbe essere, quindi, «questa è la mia semplice opinione», che poi corrisponde all’italianissimo «a mio modesto giudizio».

Se siete interessati all’etimologia ed alla storia di questa frase ed a come abbia nel tempo acquisito questo significato figurativo, cercatela da soli su Google (sarebbe davvero troppo boring, noioso, parlarne qui ed anche un po’ inutile), dove troverete decine di siti e di personaggi che si sperticheranno per fornirvi dotte informazioni, poiché quello che di tale frase mi preme sottolineare sono invece due aspetti in particolare, molto più consoni ai contenuti di fare blogging e molto più nelle mie corde: in primo luogo, un vago senso di understatement e ridimensionamento del valore delle proprie parole in una discussione online ed in secondo, il valore semantico e comunicativo che questa frase idiomatica possiede nel suo originale inglese in confronto al suo corrispettivo italiano.

Per quanto riguarda il primo aspetto, definire le proprie parole come qualcosa che valga poco (appunto solo due miseri cent) dovrebbe in teoria indicare che colui che lo scrive sia onestamente consapevole dei suoi limiti e non per sottostima delle proprie capacità, ma semplicemente perché ammetterebbe di non essere un professionista dell’argomento trattato: purtroppo, però, questo non è quasi mai del tutto vero, dato che in genere chiunque scriva o dica frasi come quella del titolo (o anche uno dei vari corrispettivi italiani), pur sapendo di non essere titolato per esprimere un giudizio di qualità o per criticare l’opinione di un altro molto più preparato, sente comunque il bisogno di dire al mondo la sua opinione, trovando non di rado facile sponda in altri individui, che come lui, al grido di battaglia di “i gusti sono gusti” o frasi più complottiste del tipo “non ce lo dicono”, pensano di rivelare chissà quale cruda o scomoda verità tenuta celata da fantomatici poteri forti e persuasori occulti; molto più vigliaccamente, c’è chi poi usa questa frase idiomatica solo per cercare di rendere meno fastidioso un commento palesemente inopportuno scritto nel blog o nella bacheca di qualcun altro (chiunque gestisca un sito sa quanto spesso capiti che persone non invitate a dire la loro opinione si divertano a punzecchiare o infastidire chi le sta ospitando anche solo verbalmente).

può diventare un troll: l’anonimato, possibile nelle chat online, combinato con problemi di stress quotidiano, potrebbero spingere anche individui normalissimi ad esplodere in comportamenti tipici dei narcisisti sadici e trasformarsi in troll anche solo per pochi minuti.
Molto più articolate e di particolare interesse divulgativo sono invece le considerazioni sul secondo aspetto della frase « My Two Cents» ovvero sulla maggiore forza comunicativa che l’espressione originale inglese avrebbe al posto del suo corrispettivo italiano, giacché tale valenza prioritaria non è dovuta, come si potrebbe erroneamente pensare, ad un temuto debito linguistico, legato a chissà quale non ben definita servitù culturale sbandierata da alcuni conservatori (nel novero di quelle chiacchiere da bar o da salotto, in cui ci si lamenta noiosamente di come la lingua italiana non sia la più la stessa e di quanto sia oramai troppo imbastardita dall’inglese, al pari di altri capisaldi della conversazione inutile, come il sempreverde “non esistono più le mezze stagioni”, fino al più anziano “Eh, signora mia, qui una volta era tutta campagna”, detto mentre si indica un quartiere popoloso di gente e mezzi), quanto piuttosto dall’evidenza che lo strumento usato per comunicare, che lo si voglia o meno, influenza sempre la lingua stessa.

Chi passa del tempo nel web (per leggere o scrivere post sui blog o per creare, guardare e commentare i contenuti offerti dai vari social network), quando parla o scrive con gli altri, entra necessariamente in contatto con un codice sotto-linguistico molto particolare, frutto della fusione tra il predominante inglese (da secoli la lingua della scienza e della tecnologia, anche solo quando applicata ad oggetti di consumo) e la parlata locale, tanto che il linguaggio oggi più diffuso nel web non è semplicemente l’inglese-statunitense, quanto uno strano idioma mutante, diverso da nazione a nazione, frutto della translitterazione del suono inglese mescolato a quello della lingua madre dell’utente: sono nati proprio in questo modo termini italiani usatissimi come debuggare (risolvere un bug) o fixare (riparare un errore) o infine “triggerare” , riconosciuto come neologismo consentito anche dall’Accademia della Crusca, proveniente dall’inglese “trigger” ovvero “innesco” ed usato infatti per indicare l’azione di qualcosa o qualcuno che scatena più o meno volontariamente la reazione esplosiva di una persona o di un gruppo di persone; va segnalato, per completezza, che quando si scrive un testo romanzesco o un articolo divulgativo, si è ovviamente liberissimi di non usare questi nuovi termini, ci mancherebbe altro, ma scegliere di ignorarli appositamente, per snobismo culturale, non modificherà di nulla l’evoluzione della lingua, che andrà avanti anche senza di noi, ma anzi avrà come unica conseguenza quella di rendere solo più cieco o sordo chi fa quella scelta di ostracismo, riducendosi ad essere sempre meno abile nel comprendere il mondo che lo circonda, come un immigrato in un paese straniero che per orgoglio si rifiutasse di imparare la lingua locale.
Quello strano idioma usato nelle comunicazioni online, sopra citato, ha inoltre la straordinaria capacità di essere ugualmente comprensibile dalla maggioranza degli utenti abituali, sia nazionali che stranieri, proprio per la simile natura d’origine delle parole e delle espressioni idiomatiche, apprese durante le conversazioni e poi riciclate con la comoda serenità che chiunque dall’altra parte della connessione ci capirà, indipendentemente dal paese d’origine: accade ad esempio ogni volta che si usano alcuni acronimi tipici dei videogamer, come ASAP, per indicare “as soon as possible” ossia “il prima possibile” o l’oramai vetusto LOL, la cui origine legata alla frase inglese “Laug out loud”, ossia “ridere rumorosamente” non è nemmeno più nota a chi la usa regolarmente.

Per meglio capire la portata di questo fenomeno, dovuto sia chiaro solo esclusivamente dall’uso di simili mezzi di comunicazione, va specificato che tutti i videogiocatori online si sono trovati sin dall’inizio a dialogare in apposite chat (sul proprio PC o sullo smartphone o anche sulle varie consolle), usando identici servizi di messaggistica transnazionali in tempo reale, come ad esempio quello offerto dalla piattaforma più usata in assoluto a tale scopo ovvero Discord, applicativo molto evoluto tecnologicamente ed estremamente articolato, nato proprio per rispondere all’esigenza dei videogiocatori di avere tra di loro comunicazioni interattive anche durante i momenti di gioco, spesso adrenalinici, al fine di scambiarsi nella massima velocità ed efficacia impressioni, domande o semplici esclamazioni di gioia e rabbia.

Insomma, la comunicazione fatta attraverso il web brucia sull’altare dell’eleganza e del formalismo culturale l’incenso sacro della velocità e questo vale non solo per un gamer, in cui il tempo è una risorsa preziosissima, visto che in alcuni giochi i tempi di reazione richiesti sono di poche frazioni di secondo (se questa espressione vi sembra strana, è giusto che sappiate che quella del gaming elettronico è da tempo anche una disciplina sportiva, nel nostro paese riconosciuta ufficialmente dal CONI, con tanto di leghe e campionati nazionali e mondiali, come l’Associazione Sport Elettronici nata nel 2016), ma anche per chi usa il web per il proprio lavoro, come un addetto commerciale (che fa ordini via mail o via chat) o un grafico o anche un artista, un pittore, uno scultore, un architetto o un fotografo, incaricati di creare una campagna o un progetto visivo per un committente privato o professionale.

All’inizio di questo post siamo partiti da due semplici centesimi e da una millantata falsa modestia, per approdare alla fine alle nuove forme di linguaggio e tutto questo perché, con l’eccezione di un eremita (cosa che di certo non è chi mi sta leggendo), nessuno vive davvero da solo, chiuso in una baita, leggendo raccolte di poesie e vivendo di ciò che offre la natura del bosco: siamo tutti parte del sistema o se vogliamo essere cinici, diciamo che viviamo tutti nel Matrix e possiamo sempre scegliere se fingere che non sia così (rifiutando la realtà, come coloro che non vogliono usare i pagamenti elettronici finché non arriverà il giorno in cui saranno costretti ad usarli ed allora dovranno umiliarsi per chiedere aiuto agli altri) oppure cercare di capirlo e magari, con un po’ di fortuna e di abilità, cercare di non esserne dominati.
E voi? Preferite ogni sera prendere la Pillola Azzurra, di cui parlava il personaggio di Morpheus nel leggendario film scritto e diretto da Lana (nata come Larry) e Lilly (nata come Andy) Wachowski, continuando a svegliarvi nella vostra camera e credendo a ciò che vorreste oppure scegliete di prendere la Pillola Rossa, restando nel paese delle meraviglie per cercare di vedere quant’è profonda la tana del Bianconiglio?
Fatemi sapere, se potete, cosa ne pensate.
Buona serata e buon week-end!
Bellissimo post come sempre amico mio, ho letto attentamente e le tue motivazioni sono ineccepibili, ma vedi ormai ho una certa, come si suol dire, non gioco ai videogames e non devo lavorare nel web, quindi preferisco continuare a mettere ” è solo la mia opinione” come sempre. Ammetto la mia ignoranza ma l’abuso di termini stranieri mi urta un po’, ma te l’ho detto, ormai ho una certa….. 😜
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Ah, mia carissima amica, ma per te il discorso è diverso…
Vedi, tu appartieni ad una rarissima specie umana di cui si sta persino perdendo il ricordo, che quando dice che una cosa le piace, le piace davvero e che quando ammette pubblicamente di non intendersi di un certo argomento lo fa con il cuore in mano, perché davvero ammette di non saperne, senza preoccuparsi del giudizio altrui…
La tua, cara Silvia, è una specie animale di cui addirittura alcuni etologi ed antropologi arrivano ad ipotizzare che non sia mai esistita, un po’ come per gli unicorni e le fenici…
Insomma, dire la verità, così come ammettere i limiti della propria conoscenza, non va più di moda! Non puoi presentarti nell’alta società del web con questa caratura morale, dai! Non si fa…
Devi sporcarti un po’ le mani…
Scherzi a parte, tu, Silvia, sei una mosca bianca in un mondo che mente e che cerca di mostrarsi sempre meglio di ciò che è, magari fingendo modestia per tirarti la stoccata fatale quando dai loro e spalle…
E comunque, si sappia che tu hai sempre scelto la pillola che fa vedere il mondo per ciò che è davvero, senza crogiolarti nelle false illusioni.
Grazie delle belle parole, sempre e comunque.
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Ma grazie a te, sei sempre troppo generoso nei miei confronti, buona serata amico mio 👍
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Conosco bene il tutto e sai? C’è gente che condanna aspramente il linguaggio…. Oltre ad una moda, talvolta fa figo per alcuni….io cerco di evitarlo perché vivo in Italia, ma parlo 5 lingue e le uso quando e se necessario. Il resto credo sia ostentazione e non fa molto per me…………🥳
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Per quanto ermetico e pieno di allusioni a cose che di te non conosco, ma che ugualmente mi affascinano moltissimo e che cercherò di approfondire, il tuo commento è musica per le mie orecchie…
Cinque lingue! Il mondo è ai tuoi piedi, mia cara e lo usi come zerbino, su questo non c’è dubbio e se umiliare gli altri con il tuo livello di consapevolezza non è il tuo sport preferito (io, che non sono una bella persona, al tuo posto giocherei quelle partite senza problemi) è solo perché sei superiore a certe bassezze…
Insomma, sei quella che sei ed ugualmente sei qui che mi leggi e mi commenti (quindi un posto in Paradiso lo hai già, su questo anche San Pietro mi ha dato ampia rassicurazione), che tu sia un’anima buona direi che non c’è alcun dubbio!
Sono davvero orgoglioso delle tue parole!
Ci rincorriamo e ci riprendiamo…
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Ma sai credo che tutte ste robe che molti usano sono sciocchine….. Ho letto quasi tutti i tuoi post e parliamoci chiaro scrivi divinamente: non è più bello così? Senza sti mezzucci??? Eh …..
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Come posso replicare ad un simile commento? Impossibile…
Mi immagino già la fascetta pubblicitaria, messa attorno ad un libro, raccolta delle mie esternazioni, dal titolo “Pontificazioni sussurrate”, con in bella mostra un bel virgolettato “Kasabake scrive divinamente – P. Pioletti”…
Che goduria…
Detto questo e scherzi a parte, ovviamente il mio ed il tuo vocabolario non abbisognano dei codici di un linguaggio che non ci appartiene, perché non siamo videogiocatori accaniti, ma ti assicuro che ogni tanto, in alcuni contesti specifici (discussioni online su alcuni character di gioco o di anime, fiere del fumetto e chat di gruppo per la condivisione di qualche annuncio editoriale fragoroso dentro qualche fandom molto nerd o otaku, beh, il sottocodice linguistico mi scappa anche a me!!!…
Buona serata, stimatissima amica!
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Se non ho capito male, correggimi se sbaglio, si potrebbe fare una similitudine con il caro Renzo de “I Promessi Sposi”…..”secondo il mio debol parere…”.
Grazie per avermi spiegato il significato di LOL, caro Kasabake, non ne avevo la minima idea 💡
What?
Una ragazza che dice boring mentre il Prof. Kasabake spiega?
È intollerabile. Signorina può accomodarsi all’uscita, Accademia della Crusca a parte, deve percorrere ancora tanta strada per poter avere il diritto di esprimersi così. Non perché sia un mio amico, non solo almeno, ma per una questione di educazione e di rispetto. Secondo il mio modo di vedere, non esistono questioni da poco, ma semmai solo questioni. Io la vedo così.
Val
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Fantastico, Val!
Hai colto in pieno lo spirito del discorso e dico sul serio!!!
Tra l’altro la ragazza non è nemmeno l’unica ad essersi annoiata… Anche l’amica è crollata per la stanchezza… 😂😂😂
Comunque, tornando seri, anche il tuo paragone con il personaggio manzoniano è azzeccatissimo e questo dovrebbe dirla lunga…
Grazie sempre!!
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Io ho una vera deformazione professionale per quel romanzo, lo adoro, ho in mente di rileggerlo tutto, come feci un’estate da giovane, anzi ero giovanissima. Mi trovavo in Calabria e feci la Miss per una sera, se ritrovo le foto 📷 le pubblico. Ero molto magra, fui l’unica a poter indossare un abito da sposa per via della taglia. L’altra foto 📷 era in costume. Partecipai ad un concorso per Miss Italia, per me fu un gioco. Fui molto acclamata dai miei amici.
Divagazione a parte, se le ragazze si sono annoiate è un problema loro, non si può proprio dire che tu non sappia sviluppare un concetto!
Su Manzoni non scherzo mai! 😂😂😂 Lo difenderò fino alla morte…
Sai che per me è sempre un grande piacere leggerti e commentarti!!
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Condivido con te la passione ed il rispetto per il capolavoro della lettura italiana scritto da Manzoni: un libro che io ho riscoperto all’università e che il mio professore mi ha fatto conoscere a fondo ed amare come poche cose nella vita!
Ti ringrazio poi per l’attentato di stima nei miei confronti, Val, che mi onora non poco…
Buona serata!
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Beh l’attestato di stima lo meriti a pieno titolo.
Amai il romanzo per lo stesso motivo. La Prof.ssa di Italiano delle Superiori ci consigliò di leggerlo per intero e mi piacque tantissimo.
Sono contenta che ti abbia onorato e non poco!
Tengo molto a te, da quando mi scrivesti quel primo commento, lo sai.
Buona serata!
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In realtà a me è capitato solo 2 volte che un altro blogger commentasse un mio post con il palese intento di punzecchiarmi o infastidirmi.
La prima volta è stata quando ho pubblicato una recensione de Il grande Gatsby, e quello era un troll piuttosto banale: ha letto il mio post, ha preso ogni singola affermazione che avevo fatto e le ha criticate tutte una per una, con un atteggiamento odioso da precisino che spacca il capello in 4. Il bello è che ebbe anche la sfacciataggine di mettere in fondo al suo commento il link alla SUA recensione de Il grande Gatsby, invitandomi a leggerla. Io gli risposi con un gelido: “Leggerò appena potrò. Grazie per il commento.” Ovviamente non l’ho mai letta.
La seconda volta è stata quando ho pubblicato una recensione di American Hustle, e qui la storia si fa più interessante. Quella recensione era una vera e propria sfida con me stesso, nel senso che provai a raccontare la trama del film senza nominare neanche una volta i 2 personaggi principali, e ovviamente senza neanche mentire. Incredibilmente ce la feci, ma inevitabilmente la trama da me raccontata aveva dei buchi pazzeschi, perché in sostanza raccontavo solo quel che facevano i personaggi di contorno. Un altro blogger non capì che il mio era un esperimento, e lo scambiò per una vera e propria truffa: a suo dire stavo prendendo in giro i miei lettori dandogli una visione distorta del film, e me lo scrisse con un commento più infuriato che mai. Io gli risposi che accettavo la sua critica, ma non apprezzavo il fatto che avesse chiuso il suo commento con una battutina sarcastica: la critica è ammissibile (e in quel caso aveva anche una sua ragion d’essere), il dileggio no. Lui a quel punto mi ha scritto un secondo commento in cui mi dileggiava in maniera ancora più pesante, e a quel punto gli scrissi “A mai più rivederci”. Lui per fortuna ha capito l’antifona, perché non si è più fatto risentire.
Dico la verità: oggi una recensione sperimentale come quella di American Hustle non la scriverei più. A quei tempi avevo molti meno lettori e quindi mi concedevo certi azzardi, oggi li evito nella maniera più assoluta. Perché un blogger con un certo seguito deve evitare qualsiasi mossa che possa risultare anche solo lontanamente controversa, e raccontare la trama di un film in quel modo effettivamente un po’ controverso lo è.
Mi permetto di consigliarti un romanzo che ho finito di leggere giusto ieri, la cui protagonista ad un certo punto diventa proprio una troll: “La scrittrice obesa” di Marisa Salabelle.
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I tuoi commenti, come peraltro anche i tuoi post, sono sono spesso arricchiti da racconti sulle tue esperienze personali di vita, che, come in questo caso specifico, sono sempre molto illuminanti: per chi stesse leggendo questa mia risposta e non ti conoscesse, si sappia che il tuo è un blog estremamente curato, con una particolare attenzione per i tuoi follower ed oltretutto tra i più popolosi di WordPress e che pertanto sentirti parlare di due episodi come quelli citati nel tuo commento è un vero piacere!!!
Grazie per esserci sempre e soprattutto per l’arguzia delle tue osservazioni!
Buona serata e buon fine settijaha
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Grazie a te per i complimenti e per la risposta, e buon fine settimana anche a te! 🙂
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Bellissime riflessioni… il linguaggio vivo è in continua evoluzione per cui accetto i neologismi, gli inglesismi e altri ismi…ma questi sono solo my two cents 😉
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Sei fantastica, Luisa!
Hai assolutamente ragione quando dici che la lingua è viva ed in continua evoluzione ed anche se ognuno di noi modula le scelte del proprio vocabolario (anche in base a cosa ed a dove si scrive), accogliere i neologismi non è mai una debolezza ma una forma di arricchimento, come un pittore che aggiunge colori alla propria tavolozza e questo anche se poi, magari, decide di dipingere solo con sfumature di grigio…
Un rifiuto aprioristico di nuove espressioni è sempre una chiusura e come tale è un privarsi di qualcosa che non può distruggere ciò che c’era prima ma piuttosto arricchirlo…
Ma tutto questo tu lo sai bene, come dimostra il tuo gradevolissimo commento, tale anche grazie alla splendida chiusura, sorridente quanto una strizzata d’occhio!
Grazie davvero dei complimenti che mi hai rivolto!!
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Troppo gentile e generoso!
Grazie anche per le ulteriori riflessioni che hai condiviso nella tua risposta 🙏❤️🙏
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Come sempre scrittura grandiosa: chapeau.
Anche in questo caso io sono un controsenso: da una parte sono rimasta alle due lire, invece dei cent, dall’altra sono contaminatissima.
Ma io sinceramente non ci faccio nessun ragionamento, semplicemente seguo l’istinto, e spesso questo istinto mi porta a mischiare, per non dire mixare, parole italiane inglesi e oltre.
Eppure tengo tantissimo al dialetto.
Quindi i miei two cents are a rebélott 🙂
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Ancora una volta, sorella, mi sento in sintonia con il tuo mood… Anch’io in realtà genero il mio linguaggio in modo molto istintivo e non di rado facendomi anche influenzare dalla musica che sto ascoltando in quel momento e solo in un secondo momento ci ragiono sopra…
Tuttavia, bisogna dire che per ognuno di noi spesso ciò che scaturisce in modo spontaneo è sempre frutto di un lavoro inconscio sulle nostre conoscenze, perché non c’è nulla da fare, ma chi non legge o non vede film o non ascolta altri che parlano avrà sempre una ristrettissima proprietà di lunguaggio, quindi, alla fine, quando tu nello scrivere usi quella deliziosa prosa così pop e contaminata (con nuance di dialetto, debiti anglosassoni ed espressioni mutuate dalla cultura pop) eserciti inconsapevolmente un’operazione culturale ancora prima di scrivere, proprio a livello mnemonico…
Per citare uno dei film (che è poi un racconto) di sci-fi più importanti di tutti i tempi, quale appunto è Arrival di Villeneuve, la lingua influenza il nostro modo di pensare e la struttura stessa con cui nel nostro cervello si articolano le sinapsi (tanto che nel film una scrittura ed un linguaggio circolare permettono l’espandersi della conoscenza anche oltre la dimensione temporale), così come allo stesso modo è stato dimostrato che la maggioranza dei videogames espandono la rete neurale dei giocatori, aumentandone le connessioni tra le sinapsi e questo perché il cervello reagisce alla iper stimolazione aumentando la sua capacità di elaborazione per accogliere gli input.
Che c’entra questo, potresti chiedermi…
C’entra, perché acquisire un neologismo, come dicevo con Luisa Zambrotta poco sopra, non riduce il nostro vocabolario ma anzi lo espande, aumentando le possibilità espressive, un po’ come accade con il lavoro fatto dalla psicoterapeuta della graphic novel Arkham Asylum (di Grant Morrison e Dave McKean) che, per dare sollievo alla mente psicopatica del recluso Harvey Dent (alias Two-Face), riesce a fargli sostituire la moneta, con cui prima prendeva ogni decisione, con un mazzo di carte dei tarocchi, aumentando di colpo il numero delle sue scelte possibili da 2 (testa o croce) a 78, creando così in lui una parvenza di umanità…
Scusa la logorrea e grazie per leggermi sempre!!!
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No no non dirlo, lo sai che mi piace quella che tu chiami logorrea: per me non lo è.
Anzi GRAZIE perché non sapevo di questa “espansione” per Two-Face! Geniale direi.
Ti ringrazio anche per aver parlato positivamente della rete neurale dei videogamers che al contrario spesso viene bistrattata.
Sono assolutamente d’accordo sull’aspetto inconscio dal quale scaturisce il linguaggio e su quanto il linguaggio si traduca nel risultato della cultura estesa in senso lato alle esperienze vissute a 360 gradi.
Mi affascina da sempre anche l’interpretazione: dalla semplice traduzione alla decodifica, tutto ciò che è “enigma” per me rappresenta una calamita.
Poi vedi: la bellezza del poter aggiungere un semplice segno … e da calamita passare a calamità, cioè io 😉
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Fantastica chiusura per un fantastico commento!!
Adoro queste cose, sul serio…
Sono il sale delle conversazioni, l’opposto del “boring” lamentato dalla ragazza nella foto nel post e tu sei una maestra in questo (una pazza maestra, s’intende!)…
Lo scherzo, il gioco di parole, il calembour, che poi è il prestigio, il movimento della lanterna magica che ha creato il cinema dalle foto, tutto questo non elimina la serietà, perché anche se non sembra siamo entrambi persone serie, anzi serissime…
Adesso ti saluto che debbo togliermi i pantaloni grandi con le bretelle, il cerone bianco dal viso, la parrucca rossa ed il naso a pallina, che tra un po’ prepariamo la cena in famiglia…
Buona serata, tschüss!
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Ciao, per ciò che mi riguarda non ricordo di aver avuto diverbi nei commenti dei post che pubblico, può darsi che sia capitato in tanti anni, ma rispetto sempre l’opinione altrui.
Vivi e lascia vivere, mai frase è stata più azzeccata.
Un saluto
Emilio
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Sono contento per te, ma incontrare nei social network del sociopatici, che cercano solo un pretesto per polemizzare senza altro costrutto se non quello di attirare attenzione (tipico dei troll) oppure anche peggio persone davvero malevole, che quasi godono nel vedere altri soffrire, non è una cosa che chi scrive un post può scegliere di evitare: è semplicemente una cosa che può capitare, oltretutto completamente slegata dall’argomento che si sta trattando…
Ovviamente molto dipende anche da quanto è grande la platea di chi ci legge: nel mio caso, ad esempio, avendo poche centinaia di follower e tutti praticamente conosciuti in altri blog e con rapporti di reciproca stima, è quasi impossibile che mi possa capitare di scontrarmi con qualcuno e quando capita la cosa si risolve in poche righe, ma ti posso assicurare che anche in una piattaforma molto tranquilla come questa di WordPress (praticamente un paradiso se confrontata con piazze virtuali molto più livorose come Facebook), ci sono artisti e scrittori molto più famosi di me che quasi ogni giorno sono oggetto di attacchi verbali, da cui spesso devono difendersi bloccando svariati utenti o persino chiudendo il blog…
Parlare in pubblico in Internet significa parlare a persone che non vediamo e di cui spesso ci viene nascosta l’identità, perciò imbattersi in individui problematici è solo un fatto statistico: alcune delle persone che hanno letto il mio post e l’hanno commentato potrebbero testimoniarti benissimo episodi di notevole sofferenza subiti in prima persona proprio in questa piattaforma.
Tuttavia, tengo a precisare che non ho scritto questo post per parlare specificatamente delle persone psicopatiche in cui purtroppo per la legge dei grandi numeri prima o poi ci si imbatte, giacché questo argomento era solo un inciso, dentro un discorso più generale sulla difficoltà che molti hanno ad accogliere il cambiamento linguistico.
Grazie in ogni caso del tuo commento, che mi ha permesso di conoscerti!
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