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Le cose non sono come ci aspettiamo che siano…

È da poco passata anche la festa dell’Epifania, meglio nota a tutti con il significato decisamente poco religioso della Befana, ma assai importante specie per i bambini e per gli anziani lasciati nelle RSA: come ogni anno, infatti, essa rappresenta per loro, al termine del lungo ciclo delle feste natalizie, l’ultima occasione in cui ricevere da parenti e istituzioni giocattoli e dolciumi (se pensate che gli anziani non siano golosi quanto i bambini, allora vuol dire che non ne frequentate!), mentre per gli adulti è il giorno noioso in cui smontare l’albero, rimettere negli scatoloni il presepe e togliere gli addobbi e le luminarie (il mio vicino in realtà adora lasciare per tutto l’anno le sue luci natalizie appese ad uno degli alberi del suo giardino, bizzarria a metà tra la pigrizia e l’infantilismo che a me personalmente fa molto piacere, specie di notte o la mattina prestissimo, perché quando le vedo nel buio mi sembra che sia sempre un po’ Natale, anche in Agosto) e poi concentrarsi sulla ripresa delle attività lavorative, iniziate a dire il vero già dal 2 Gennaio, con questo Lunedì appena trascorso, che per la peculiarità del suo calendario questa volta è di fatto il Lunedì più “Lunedì” di sempre!

Per tradizione (più mediaticamente e giornalisticamente imposta, che non davvero sentita), questo è anche il periodo dei bilanci poco simpatici, delle classifiche di ogni genere su fatti e persone, di film e libri visti e letti o solo sentiti dire, di riassuntoni delle cose belle e brutte accadute nell’anno trascorso (con la solita conta dei morti, sempre triste ed anche un po’ ripetitiva) ed ancora una volta a farla da padrone è la banalità dei mezzi di informazione, con le loro ruffiane selezioni del meglio e del peggio, spesso direttamente scritte dagli uffici marketing sotto forma di cartelle stampa rifilate alle varie redazioni giornalistiche, perché non dobbiamo mai dimenticare che i media non esistono per tenerci aggiornati o per renderci più colti e ricchi di conoscenza, ma sono là per vendere un prodotto o promuovere un contenuto: senza fingere di scandalizzarci, va ricordato che sono proprio i committenti e gli inserzionisti pubblicitari che con i loro soldi permettono l’esistenza stessa dei network televisivi, dei canali di streaming, delle piattaforme di condivisone social, dei canali d’informazione, delle cosiddette “server farm” o data center (quelle distese a perdita d’occhio di capannoni industriali, zeppi di computer sempre accesi di proprietà dei servizi internet, dove viene stoccato tutto ciò che spediamo e scarichiamo dal web, come i messaggi, le foto, i video, le mail, etc.) ed i committenti privati sono di tutti i tipi, dai partiti politici ai fondi d’investimento, dalle associazioni alle aziende che producono beni e servizi, dalle banche ai consorzi, dalle fondazioni più meno interessate alle onlus, insomma da tutti coloro che usano le notizie come veicolo per propagandare qualcosa che dà loro denaro o potere o semplicemente influenza.

Il data center di Luleå nella Lapponia svedese, di proprietà di Facebook, uno dei più grandi del mondo, situato a 100 chilometri a sud del circolo polare artico (perché l’aria fredda è perfetta per tenere a bassa temperatura i server del centro dati senza utilizzare sistemi di condizionamento), alimentato dall’energia elettrica prodotta da un sistema di dighe, con un minimo impatto ambientale dell’intera struttura

Un buon sistema per non restare soggiogati da una così grande mole di immagini e testi e suoni, trasmessi ad arte ogni giorno su ogni dispositivo collegato alla rete, dal PC allo smartphone, ma anche dalla Radio che si ascolta in auto, fino al giornale che troviamo appoggiato sul tavolino di un bar, è quello di sforzarsi di usare la risorsa intellettuale più importante, quella che da sempre dovrebbe contraddistinguere l’homo sapiens dagli altri esseri viventi ovvero la capacità di analizzare le strutture che ci circondano, alternando i vari tipi di pensiero di cui disponiamo, tenendo sempre a mente che le cose non sono mai come ci aspettiamo che siano e che tutto, ma davvero tutto, è sempre molto più complicato.

Secondo gli psicologi, sono 9 i tipi di pensiero essenziali, ciascuno caratterizzato da un diverso approccio alla realtà e da una differente dose di emozione: deduttivo, induttivo, analitico, creativo, morbido, difficile, divergente, convergente, magico

Permettetemi adesso di abbandonare senza altre spiegazioni il discorso sui vari tipi di pensiero (chi fosse comunque interessato ad approfondire l’argomento troverà molto su cui leggere nei tanti siti di psicologia e filosofia sparsi nel web) e di lasciare la parola al personaggio di Martin, uno dei quattro insegnanti protagonisti del bellissimo film Druk – Un altro giro, diretto nel 2020 da Thomas Vinterberg e da lui stesso sceneggiato in coppia con Tobias Lindholm: questo lungometraggio, che ha rappresentato la Danimarca agli Oscar del 2021, portandosi a casa il Premio come Miglior Film in Lingua Straniera, racconta di un esperimento, condotto da un gruppo di uomini e legato all’uso ed all’abuso di alcol, ma in realtà, seguendo quella traccia solo come una tale scusa, parla soprattutto del mondo della scuola, dei rapporti sociali tra le persone e di cosa davvero significhi vivere in famiglia e nel mondo (la clip che segue, che vi invito a guardare ed ascoltare con attenzione, è stata tratta da me dalla versione doppiata in italiano, dove la voce di Mads Mikkelsen è quella dell’ottimo Andrea Lavagnino).

L’esempio illustrato dal personaggio del professor Martin nella scena sopra è forse paradossale ma anche storicamente impeccabile, poiché i primi due grandi statisti citati avevano effettivamente tutte le caratteristiche negative raccontate, così come è una verità storica anche l’ottimo comportamento umano e sociale di Adolf Hitler come individuo e cittadino eppure la storia ci insegna cosa Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill siano stati in grado di fare per la difesa della libertà del mondo intero e quale terrificante e spietatissimo despota sia stato invece il terzo: ci sono vari insegnamenti che si possono dedurre da questa storia, ma senza dubbio il più importante è che le persone e le situazioni non sono mai semplicemente solo bianche o solo nere e nemmeno esse sono in realtà come appaiono ad una prima occhiata, perché tutto è in genere molto più complicato, stratificato, contaminato e persino aggrovigliato, tanto che in alcuni casi, per estirpare un male si è costretti a tagliare anche parti sane dell’organismo o della struttura.

I farmaci usati nel trattamento chemioterapico contro il cancro attaccano indistintamente ogni nuova cellula creata dall’organismo, senza quindi riuscire a distinguere tra cellule sane e cellule tumorali e questo crea effetti collaterali devastanti sull’organismo dei pazienti, ma mentre la maggior parte delle cellule normali nel tempo si riprende dagli effetti di alterazione della chemio, le cellule tumorali, in quanto non-normali (perché mutate dalla malattia), tendono a non riuscire a riprendersi e questo genera quell’equilibrio tra uccisione e rinascita che permette in molti casi la sconfitta della malattia

Insomma, penso che oramai sia chiaro a chiunque non sia un idiota come il netto dualismo positivo e negativo, buono e cattivo, vada definitivamente archiviato, preferendo al suo posto un giudizio più relativistico, basato sul proprio livello di comprensione della sterminata varietà della vita stessa, a partire da quella del mondo animale e vegetale, erroneamente quasi sempre giudicato con il metro non scientifico dell’etica umana, con tutte le conseguenti contraddizioni di chi vorrebbe salvare un cucciolo di lepre da un falco predatore, fino alla caotica ipocrisia di chi, ad esempio, in occidente piange di fronte ad un cane allevato in gabbia per diventare cibo nei mercati di alcune popolazioni asiatiche e non batte magari ciglio di fronte allo sterminio dei maiali piccoli ed adulti (secondo gli etologi considerati la seconda specie più intelligente dopo gli scimpanzè, anche sopra ai blasonatissimi delfini) da secoli sistematicamente praticato nel nostro continente o beve in serenità latte vaccino scegliendo di non vedere come soltanto sottraendo alla mamma i vitellini subito dopo la loro nascita e macellandoli è possibile fare produrre alle mucche quantità di latte commerciabili.

Nel film per la televisione Temple Grandin, prodotto da HBO nel 2010, scritto da Christopher Monger e Merritt Johnson per la regia di Mick Jackson, viene narrato di come, tra mille difficoltà e fortissime ostilità (equamente divise tra la diffidenza degli allevatori e la poca accettazione del suo essere autistica), la professoressa associata della Colorado State University, il cui nome dà il titolo al film, riuscì a rivoluzionare negli USA la progettazione delle attrezzature per l’allevamento del bestiame, introducendo ad esempio l’idea di un ampio percorso a spirale a pannelli ciechi nella costruzione degli stretti corridoi in cui i mandriani costringono gli animali verso la loro uccisione: i capi di bestiame destinati al macello, non potendo più vedere in questa nuova struttura gli altri animali che prima di loro vengono abbattuti, nascosti dalla curva del corridoio, non si avvedono fino all’ultimo della loro morte imminente, togliendo quindi dalla procedura l’elemento di tortura emotiva prima presente nei percorsi tradizionali all’aperto e rendendo oltretutto anche la carne più buona perché priva delle secrezioni adrenaliniche create dallo shock terrorizzante per ciò a cui prima gli animali erano costretti ad assistere impotenti

Sia ben chiaro che con queste mie ultime affermazioni non sto cercando assolutamente di propagandare gli ideali di una filosofia di vita vegana o semplicemente vegetariana (che non è assolutamente solo una moda, ma ha importantissime basi di carattere filosofico, antropologico, medico e persino religioso, per analizzare le quali ci vorrebbe il giusto tempo e la giusta dose di informazioni), ma vorrei solo evidenziare come davvero ogni cosa, dalle abitudini alimentari al culto dei defunti, dalla sessualità al senso del dovere, dagli ideali di bellezza a quelli di felicità e quindi di fatto tutte le sovrastrutture culturali che sono state costruite in ogni civiltà nelle diverse latitudini e longitudini del nostro pianeta, non sia etichettabile allo stesso modo e con lo stesso metro di giudizio con cui siamo cresciuti.

Come si può benissimo osservare in molte scene in cui il protagonista Tony si ritrova a conversare con Anne, di fronte alle tombe dei rispettivi coniugi, nella splendida serie televisiva After Life (creata, diretta, prodotta e interpretata da Ricky Gervais e distribuita su Netflix dal 2019), una civiltà può distinguersi da un’altra anche solo per il modo di vivere il cimitero: mentre, infatti, per la cultura italiana esso è un luogo di morte, nel migliore dei casi sacrale e monumentale, ma sempre triste e deprimente, per le popolazioni anglosassoni inglese e statunitensi, è spesso anche un luogo di ritrovo, non a caso spesso dotato di panchine su cui riposare, riflettere o leggere un libro e dove non di rado è possibile anche trovare famiglie fare un pic-nic

A scanso di equivoci, voglio tuttavia precisare che per me capire come funziona un meccanismo sociale o individuale significa anche saper distinguere in modo netto tra comprensione ed accettazione, perché capire il senso e le motivazioni di qualcosa non implica necessariamente condividerla e fare propri quindi atteggiamenti a noi sgraditi e nemmeno dover modificare ciò che riteniamo più coerente con i principi universalistici di giustizia umana: la mia formazione culturale, ad esempio, mi permette di analizzare e inquadrare antropologicamente le motivazioni storiche e sociali per le quali in certe popolazioni, succubi di sistemi retrogradi (codificati da leggi religiose scritte e volute da uomini e non da esseri onnipotenti) sia proibita e severamente punita qualsiasi forma di emancipazione femminile, ma farei tutto ciò che è in mio potere per cambiare questo status quo, rigettandolo nel modo più categorico, tanto che, pur comprendendo ciò che ha spinto la famiglia d’origine di Saman Abbas ad uccidere quella giovane, colpevole di aver contraddetto una regola sociale radicata nel Pakistan ultra-conservatore, mi è assolutamente impossibile accettare e perdonare quella o altre simili forme di abuso e violenza e siccome io non sono personalmente incline al perdono (la mia anima è ancora molto nera), malgrado stia qui sostenendo le ragioni di un relativismo culturale, non sarei affatto dispiaciuto nel vedere tutti i parenti della giovane Saman, assassini e complici, penzolare appesi al collo da una corda in pubblica piazza.

Tre foto che testimoniano tre diversi modi di essere di Saman Abbas, la diciottenne di origini pakistane scomparsa il 1º maggio 2021 a Novellara, verosimilmente uccisa dalla sua stessa famiglia per essersi rifiutata di sposare il cugino in Pakistan nel 2020, quando aveva solo 17 anni ed essersi anche rivolta alle autorità per denunciare i maltrattamenti subiti dal padre ed il sequestro dei suoi documenti, operato da parte dei suoi genitori per evitare che fuggisse di casa

Allo stesso modo, sorriderei di gioia nell’assistere all’utopia di un’improvvisa evoluzione sociale dell’Iran, che facesse crollare l’attuale dittatura estremista islamica e maschilista, anche se so benissimo che si tratta solo di un sogno, giacché i mutamenti di una società sono lenti e soprattutto devono nascere dal basso, con un cambiamento voluto dal popolo stesso e mai forzati da interventi esterni, come quelli di qualche superpotenza occidentale o orientale che fingesse di esportare democrazia per sostenere in realtà solo i propri interessi economici e/o strategici, creando in genere un danno maggiore del male che sosteneva di voler curare (come hanno fatto gli USA in Afghanistan ed in Iraq o l’Europa in Libia o più recentemente la Russia di Putin in Ucraina).

Dopo che nel 2021, in base all’ accordo di Doha del 2020, l’esercito statunitense abbandonò l’Afghanistan, lasciando il potere politico ed amministrativo nelle mani dei Talebani, questi si presentarono al mondo come un esercito di liberazione dall’oppressione straniera, ma nulla era più falso: quella dei Talebani non è mai stata una forza popolare o di resistenza contro l’imperialismo, ma un’espressione del colonialismo, giacché affonda le sue radici nei tatticismi della Guerra Fredda tra USA e Russia, voluta, finanziata ed armata per anni dagli Stati Uniti per contrastare la tentata invasione sovietica dell’Afghanistan e che ora si ritrova a governare una nazione senza avere davvero un libero supporto popolare

Misurare le scarpe col proprio piede, come recita l’adagio popolare, giudicando fatti e fenomeni sociali del nostro prossimo o della collettività in cui viviamo pensando solo a ciò che secondo noi è giusto o sbagliato in modo assoluto, parametrando quindi ogni cosa soltanto con il metro della nostra esperienza personale, dei nostri gusti o idee, è un modo di procedere inaffidabile che non può essere mai usato come valore assoluto, perché contraddice ogni logica e valenza storiografica, mentre al contrario quando dobbiamo fare scelte di vita su ciò che può renderci più felici o rilassati o anche realizzati (come l’acquisto di una casa, la firma di un contratto di affitto, la trasformazione di un rapporto di coppia in matrimonio o anche cose semplicissime come la costruzione della propria dieta), allora usare se stessi come metro di giudizio può essere il miglior modo di agire: come avrete capito, quindi, non ci sono regole assolute, ma si tratta di adattare sempre la nostra capacità di analisi al momento, alla situazione e all’oggetto di discussione, mettendo in funzione le cellule del nostro cervello e lavorando sulla nostra memoria ed i nostri sentimenti ovvero l’opposto di ciò che vorrebbe chi non vuole pensare, desiderando che nulla cambi mai, per non perdere magari privilegi o comodità acquisite.

Un paio di anni fa, il celeberrimo ed autorevolissimo dizionario Merriam-Webster, uno dei due punti di riferimento per le lingue inglesi statunitense e britannica insieme all’Oxford English Dictionary (il primo contraddistinto da una filosofia più sincronica della lingua, quindi concentrata su ciò che è attuale ed attivo nel presente, mentre il secondo di impostazione diacronica ovvero in prospettiva storica di evoluzione della lingua), ha cambiato la definizione della parola “racism” (razzismo), inteso non più soltanto come rancore nei confronti di qualcuno in base alla sua razza, ma più ampiamente come un sistema di potere e di privilegi utilizzato a sua volta per opprimere coloro che non appartengono alla stessa categoria o gruppo e con i quali non si vogliono dividere per l’appunto quei poteri e quei privilegi nella società civile, al lavoro e nell’amministrazione della cosa pubblica: razzismo quindi non più come paura del diverso ma come sistema di difesa di uno status consolidato

Le persone che non sono in grado di relativizzare un’analisi si riconoscono subito anche da come parlano e scrivono, esprimendosi sempre e solo per assoluti, perciò non diranno spontaneamente frasi specificative come «a mio avviso», «secondo me», «io penso che» ma useranno in modo tronfio ed orgoglioso espressioni aspre ed egocentriche che sanno benissimo andare contro un’opinione diffusa, un po’ come coloro che per mancata educazione alimentare da bambini (cresciuti magari in ambienti familiari culturalmente ristretti e mangiando pietanze ripetitive e senza personalità, cosa che di per sé non può essere mai una colpa ma nemmeno motivo di vanto) normalmente non hanno l’accortezza di riconoscere i propri limiti e preferiscono fare affermazioni come «il tartufo fa schifo!» o «il gorgonzola puzza di piedi e ve lo mangiate voi!» piuttosto di ammettere che quei cibi semplicemente non sono di proprio gradimento: estendete adesso questo concetto culinario a fenomeni come il razzismo o l’omofobia ed avrete un’interessante chiave di lettura per capire l’ottusità rabbiosa di chi non vuole accettare i cambiamenti del mondo, della lingua, dei flussi migratori, dell’arte e dei rapporti interpersonali.

Questo è tutto: in realtà avrei tante altre cose da dire ed esempi da portare, ma insomma, l’anno è appena iniziato…

Alla prossima!


Categorie Riflessioni e Società

45 pensieri riguardo “Le cose non sono come ci aspettiamo che siano…

  1. @Lenoireige 7 Gen 2023 — 19:20

    Cavoli che post fantastico, una Matrioska di idee e suggerimenti che condivido. E per inciso W la gorgonzola perché io ne consumo a chili. Da riproporre quando qualcuno mi romperà les marons per Halloween (tieni a mente tu che hai memoria buona).

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    1. Non sai quanto mi fa piacere il tuo apprezzamento Paola, specie per tutte le cose che ci diciamo anche in privato!!
      Ultimamente mi sto togliendo qualche sassolino dalla scarpa e cercare anche di volermi un po’ più bene, ma la strada è lunga e la mia anima ancora molto sporca, ma se non si inizia…
      Buona serata e grazie ancora!
      Un abbraccio.

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  2. Piano piano stai venendo fuori tu, con le tue idee e la tua anima (che non è per niente sporca!) e questi post sono quelli che preferisco. Io ti conosco e so come sei ed è giusto che ti conoscano anche gli altri, anche se so bene per esperienza personale che questo rende esposti a critiche saccenti dai soggetti che tu hai ben descritto, quelli con la verità assoluta in tasca. Mi piace molto questo post, bravo socio, per il resto già lo sai, condivido ogni parola, anzi, ogni sillaba 😀
    Buona serata amico mio e buona domenica 🙂

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    1. Grazie socia ed amica, grazie davvero!
      Si, tu mi conosci anche su cose e fatti che non scrivo e non lo faccio perché non servirebbero per far capire i concetti che esprimo…
      Non aggiungo altro perché per l’appunto hai compreso anche tra là righe…
      Buona serata!!

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  3. Un articolo coi fiocchi !
    Per me da ripetere nel tempo che abbiamo . Una sorta di promemoria quotidiano con istruzioni per l’uso .
    Più che lavate di coscienza mi sembrano ottimi alimenti ricchi di fibre forse ci aiutano a ragionare .
    Mens sana in corpore sano !
    Non tutti possono permetterselo eppoi ad una certa età non possiamo o meglio non posso far finta che le misure realistiche esistono ,devo farci i conti
    Magari potremmo pensare che ” C’eravamo tanto amati ” è un film che può aiutare molti a comprendere .
    Me compresa , certo !
    Ti auguro tanta salute , ti auguro di realizzare qualche progetto e sogno . La vita non è una passeggiata ancor meno in discesa . E si va avanti … Ciao

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    1. Oh, Francesca, mi hai regalato una citazione stupenda, per uno dei film più belli ed importanti della storia del cinema italiano (lo sarebbe anche dell’Europa intera se non fosse così legato alla nostra storia, al passagggio dalla resistenza all’opportunismo, tagliente quanto un film del primo Sordi, quello delle sceneggiature di Flaiano e Zavattini), con un cast strepitoso ed uno Scola alla regia in vero stato di grazia (quando ancora non si autocitava e sapeva comunicare)…
      Ti ringrazio per l’apprezzamento per il mio post, che sinceramente mi sembrava troppo pesante ed anche un po’ ostico, ma le tue parole mi ridanno fiducia, come anche quelle di Paola e Silvia…
      Poi nelle prossime settimane tornerò anche alle mie passioni abituali (il cinema, la tv, il fumetto), ma ogni tanto mi permetterò queste piccole incursioni sul sociale…
      Grazie ancora e buona serata!

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      1. Giustissimo ciò che riferisci sul film , potrebbe essere a livello europeo se non fosse molto legato alla storia italiana … Io credo possa essere utile proprio agli italiani che leggono o vedono qualche storiella di troppo anziché leggere e comprendere la realtà . Anche se effettivamente arriva molto fumo negli occhi .
        Il secondo film che hai citato mi incuriosisce molto .
        Vai avanti come meglio credi, io ti leggo lentamente e infine arrivo !

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        1. Concordo sull’utilità del film in questione: tu pensa che io lo vidi per la prima a volta a scuola, perché lo proiettò il professore di educazione civica!
          Entrambi i film che ho citato nel post sono molto belli ma il secondo, quella che si chiama proprio come la persona reale a cui si ispira è un vero gioiello!

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  4. Scusa per qualche imprecisione
    Un non omesso . Correggo
    Le misure realistiche non esistono .
    Spero di essere stata chiara a sufficienza .
    I miei 70 anni suonati pesano un poco.

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    1. Complimenti, comunque: come diceva il filosofo Betrand Russell il nostro corpo ed il nostro cervello hanno due età differenti e solo raramente coincidono ed il tuo di certo è molto più giovane del tuo corpo, perché l’età che traspare dalle tue parole non coincide affatto con quella anagrafica!!
      È un piacere parlare con te!

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  5. Un bellissimo post con una miriade di considerazioni le quali condivido e dandoti pienamente ragione che non esiste mai una verità assoluta, non amo coloro che non reggono il confronto perchè credono di vederla giusta soltanto loro, personalmente sono una grande sostenitrice del nulla è come apparire e questo vale in ogni argomento, situazione e anche sentimento, il promuovere giuste cause e saperle valutare a tutto tondo è un indice d’intelligenza e di una mentalità aperta che sa spaziare e che riesce a considerare, trovare una certa mediazione in tutto. Complimenti Kasa per questa tua apertura mentale e per tutte le considerazioni che hai esposto, tra un tuo post e un altro sto forse iniziando a conoscere anzi, a farmi un’idea di chi c’è dietro a Kasabake e ciò che sto apprendendo mi piace molto anche se avevo un certo sentore in base ai film di cui magistralmente parli, sono sempre stata del parere che in tutto c’è una connessione e che rispecchia anche le proprie preferenze. Buona serata

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    1. Mi è capitata la stessa cosa con te quando lessi una tua risposta ad un mio post in cui parlavi del tuo lavoro e tutto quello che hai poi scritto (in modo riflessivo ma anche in modo spontaneo, nel botta e risposta dei commenti, così simili a quei quiz che ci fanno gli psicologi quando chiedono di rispondere con la prima cosa che ci viene in mente) ha cominciato a delineare un quadro della tua persona ed ovviamente era un quadro fluido, con i disegni in movimento come l’acqua di uno specchio d’acqua frequentato da animali di ogni tipo o se vogliamo un po’ come vedevano il cielo Van Gogh e Chagall, con quei vortici nel cielo…
      Anch’io sottoscrivo ogni tua parola ed adoro che tu veda anche i collegamenti che mi piace fare quando parlo di cinema e televisione…
      Sai come comprarmi anche se non è il tuo scopo, tutt’altro!!
      Grazie ancora di tutte le parole…
      Buona serata!

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      1. …difatti non è il mio scopo!!! Personalmente dico s3mpre ciò che penso anzi, anche troppo… con tutte le conseguenze che ne derivano 😊

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        1. Hai ragione… Ma quanto è bello poter parlare liberamente con qualcuno (come a me capita con te) senza timore che le nostre parole siano usate per colpirci o semplicemente fraintese?
          Meraviglia…

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  6. Scusami, Kasabake, vorrei chiarire una cosa, dico quello che penso, a costo di essere impopolare, lo sai.
    Una frase mi ha colpito particolarmente: gli anziani lasciati nelle RSA. Ho una zia che amo e che vado a trovare regolarmente, che chiamo tutti i giorni, che è ospite presso una struttura di eccellenza del posto. Non in tanti possono permettersi di pagare una retta. Si fanno scelte dolorose nella vita ed io stessa ero disponibile ad accogliere mia zia in casa. Ho vissuto con lei anche in passato. Potrebbe vivere con noi. Lasciando da parte che non avremmo più una vita, anche questo potrebbe essere superabile. Non lo è, tuttavia, anche perché non sai come vivono le persone e come stiamo vivendo noi. Mi sento certamente chiamata in causa.
    Ho la coscienza limpida in merito. La sento ogni giorno e se serve ci vado anche più di una volta al giorno e la sento con la stessa frequenza. È molto facile esprimere giudizi dal di fuori. C’è un particolare per nulla indifferente, non saprei nemmeno come gestire le sue medicine. Ed il fatto che stesse lì le ha salvato la vita perché un’estate le si sono gonfiate le gambe ed ha avuto una flebite. Non sono un dottore e non posso permettermi di avere una badante, un’infermiera ed un medico. L’estate scorsa ha avuto un problema con il potassio che ha messo in pericolo la sua vita. Naturalmente non avrei saputo gestire la vicenda. Mia zia non è parcheggiata lì, non è figlia di nessuno e prima di esprimere certe sentenze si dovrebbe procedere con una certa cautela.
    Mia zia la amo e sono una persona sensibile che ha a cuore la sorte degli altri più della mia. So che è un errore e va bene, ne pago le conseguenze. Spero di aver fatto chiarezza su un argomento che mi sta molto a cuore. Ti saluto e ti auguro una buona serata.
    Val

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    1. Hai fatto bene Val a fare questa tua specificazione, perché mi rendo conto ora, grazie a te, che la mia frase poteva essere equivocata: quando parlavo di anziani lasciati nelle RSA non mi riferivo nel modo più categorico ad un comportamento negativo in modo aprioristico ma semplicemente ad uno status di residenza di molti anziani che, spesso per ragioni di necessità fisica o sanitaria, una famiglia è costretta a mettere in una struttura assistita.
      Solo in alcuni rari casi è abbandono perché nella stragrande maggioranza dei casi è la scelta migliore e davvero può salvare la vita o comunque migliorarla.
      Ti dirò di più, avendo frequentato molto una specifica casa di riposo, posso testimoniare che molto spesso l’egoismo di un familiare si esprime all’opposto, tenendo l’anziano non autosufficiente a casa per usufruire della sua pensione e magari anche dell’accompagnamento: chi decide di mettere un anziano in una RSA non lo fai mai a cuor leggero ed anche se solo poche strutture riescono ad essere davvero una sorta di continuazione di una residenza individuale, certamente tutte, anche le meno organizzate ed accoglienti, prosciugano interamente la pensione dell’assistito ed anche parte dei soldi del familiare.
      Per me le RSA sono un’opportunità e non un problema e sono comunque una soluzione e se in alcune c’è del disagio è per gli stessi annosi problemi che hanno tutte le strutture mal gestite, comprese scuole, asili ed ospedali.
      Pensa solo a quanti film statunitensi ed inglesi hanno il protagonista che va a trovare il padre o la madre infermi in una struttura residenziale assistita e non c’è mai il senso dell’abbandono ma anzi il dolore del distacco e questo perché le RSA sono parte della vita quotidiana e ripeto non un problema.
      Anche nel serial televisivo da me citato nel post (After Life) la casa di riposo dove risiede il padre del protagonista è un luogo come gli altri dove anzi avvengono incontri che cambieranno se sempre la vita dei personaggi.
      Spero di essermi chiarito!

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      1. Sono contenta di questo chiarimento perché quando ci si conosce e ci si rispetta, come nel nostro caso, si dice la verità anche scomoda. Io sono in ansia anche per il Sig. SERGIO che ha deciso di andare a vivere lì con la moglie per lasciare la casa alla figlia che ha avuto un’esperienza terribile. Io non voglio un centesimo della sua pensione e mio padre deve integrare la quota perché la pensione di mia zia non basta a coprire le spese. Ci sono persone meravigliose che lavorano lì dentro con il cuore ed altre che sono tipacci, come capita sempre nella vita. Dal momento che tengo molto all’amicizia che sta nascendo tra di noi, ho deciso di offrirti la mia testimonianza. Il bello della diretta. Grazie per la risposta, spero di essermi chiarita!

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        1. Lo hai fatto perfettamente ed anche questo è il bello della diretta 😊

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          1. Ne sono contenta! 😊

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    2. Valeria non riesco più a leggere il tuo blog da un mese circa mi pare …Credo che dipenda dal mio che non ho sistemato . È un’occasione per salutarti e per dirti che tra due giorni una mia zia andrà in una piccola casa di riposo .
      Non è possibile fare diversamente ,questa decisione pesa ai figli, una vive in Sicilia e l’altro più vicino , pesa anche a due nipoti,una sono io. Non potremmo andare tutti i giorni ,anche se è importante farlo. Sono contenta che tu vai . Un abbraccio buona notte

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      1. Grazie Francesca, se vuoi ti giro il link del mio blog.
        Una buona serata. Credo dipenda da me, devo sistemare le impostazioni.

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      2. Grazie, un abbraccio, buonanotte Francesca.

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  7. Urca! È un fiume di pensieri che offre tante spunti di riflessione. Grazie

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  8. Una lettura che restituisce speranza e fiducia nell’umanità.
    Leggendo ho fatto più volte la ola.
    La prima è stata per “la banalità dei mezzi di comunicazione, ruffiani o peggio” … ecco non è che sia una novità, ma ultimamente, forse sono io che sono invecchata, ma davvero non si possono più leggere / ascoltare / vedere …
    Mi trovi d’accordissimo sul fatto che il bene e il male, il bianco e il nero non sono mai quelli delle cosiddette fiabe, che molte volte risultano comunque più sincere, mi riferisco in particolare ai “salvatori” e agli eroi …
    Riguardo alla cultura, al pensiero e soprattuto al giudizio, per me vale il famoso detto secondo il quale occorre camminare per tot lune nelle scarpe degli altri prima di poter capire.
    Naturalmente ciò non toglie che la privazione di libertà è universale e non c’è religione o tradizione che la possa giustificare.
    Il cimitero poi, è uno dei luoghi in cui sto meglio in assoluto: mi sento davvero in pace, perdona il gioco di parole, non sto affatto scherzando.
    Dunque GRAZIE per questa meravigliosa apertura, sia mentale che di buon auspicio per il nuovo anno.

    P.S.: anche io adoro il gorgonzola come Paola 🙂

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    1. Whao! In un solo commento hai riassunto un po’ tutto il senso del post e ad occhio direi che ancora una volta siamo sulla stessa lunghezza d’onda…
      Ti svelo un segreto, perché tu sei una persona che lo merita (non è una battuta, perché sono serio e mi riferisco al fatto che molto spesso la verità è una cosa delicata e fragile e spesso fraintendibile o davvero poco spendibile): io non amo il gorgonzola ed in generale i formaggi erborinati ma li considero straordinari…
      Capisci ciò che intendo?
      Sono poche le persone che riescono a percepire davvero il senso di questa affermazione, che sembra contraddittoria ma non lo è assolutamente: per la storia del gusto che si è evoluta in me, malgrado io abbia cercato di comprendere questa strana commistione di sapori (praticamente innata in un settentrionale), non è mai scattata in me quella molla che è scattata invece per tanti altri formaggi, ma da subito ne ho compreso la grandiosità; stessa cosa per gli erborinati francesi come il Roquefort o per quelli inglesi come il Blue Stilton, che sono davvero deliziosi accompagnati da un bicchiere di Porto, ma che non sono mai la prima scelta.
      Ecco, questo intendo quando parlo di relativismo di giudizio: capire l’importanza ed il valore di qualcosa anche quando i propri limiti (vita, cultura, palato, esperienze) non c’è li fanno accogliere completamente…
      Grazie delle belle parole che hai speso per me e sappi che ti stimo moltissimo e provo molta simpatia per ogni tuo intervento: se fossi un na’vi di Pandora ti direi «Claudia, io ti vedo»

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      1. GRAZIE DAVVERO!
        A me manca ancora la nuova immersione in Pandora, ma voglio dire lo stesso “ti vedo.”
        E ammiro molto ciò che hai scritto: non è da tutti andare oltre., non è da tutti comprendere comunque anche le cose meno gradite: spesso è più facile derubricare il valore di ciò che non ci piace, potrebbe anche essere un riflesso spontaneo, per certi versi.

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        1. Grandissimo complimento rivolto tu mi hai, giovane padawan… E non ti dico la fatica per fare accettare il termine “padawan” al correttore dello smartphone …
          Grazie ancora e buona serata!!

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          1. 🙂 ah questi correttori che si fanno prendere dal lato oscuro …

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  9. Fantastico post.Buon pomeriggio domenicale.

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    1. Grazie moltissimo!
      Come ho scritto anche in altre risposte, non era affatto scontato che questo post trovasse gradimento ed invece persone come te ed altri mi hanno davvero fatto un grande regalo con le loro belle parole, grazie ancora!

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  10. Un post fantastico pieno di riflessioni che ho letto con interesse, senza escludere neppure uno dei commenti. Grazie per aver fornito un sacco di spunti su cui riflettere ❣️

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    1. Gentilissima Luisa, sono davvero orgoglioso del tuo commento, perfettamente in linea con la generosità con cui ogni volta giudichi quello che scrivo… Oltretutto questa volta in un post anche ostico e non proprio rasserenante…
      Sono invece mortificato di averti risposto con un simile ritardo, giacché non mi ero proprio avveduto che fosse arrivato il tuo intervento, che ho letto solo ora e per altro soltanto grazie alla segnalazione della mia socia Silvia!
      Perciò ti dico contemporaneamente GRAZIE e SCUSA!

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      1. Non devi scusarti affatto per il ritardo! Da parte mia, ti ringrazio per la gentilezza delle tue parole 🌷🙏🌷

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        1. Stima e rispetto per te, Luisa!
          Buon pomeriggio!

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          1. Buon pomeriggio a te… e anche a Silvia 🌷😘🌷

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            1. Grazie Luisa, buona serata 🙂

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  11. Tanta roba, tanta. C’è da non dormirci la notte cercando una soluzione alla pigrizia di pensiero, all’etica mancata, ai principi universalistici di giustizia umana e alle incongruenze che ci separano da quel homo sapiens che diciamo di essere. Grazie, grazie grazie 💚

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    1. Cavoli, ma grazie a te!
      Tu mi ringrazi per aver espresso un pensiero, ma io ringrazio te di cuore per averlo apprezzato, perché non è mai ovvio, mai, come non deve esserlo la gentilezza, l’aiuto, la comprensione, la solidarietà, perché alla fine la nostra umanità è tutto ciò che ci resta da difendere a denti stretti, senza governi o religioni o filosofie spicciole che paternalisticamente (se non addirittura in modo inyteressato) vogliano pensare al nostro posto…
      Perciò, di nuovo e per sempre, grazie!

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      1. Certo che ti ringrazio, assieme ai tuoi hai tolto anche un po’ di sassolini dalle mi scarpe 😀 Quindi sì, grazie a te ❤

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