Sin dagli ormai lontani anni della mia gioventù, io sono stato sempre alla ricerca di un impiego e più specificatamente già a partire dal giorno successivo a quello in cui mi sono diplomato al Liceo Classico Pergolesi di Jesi, deliziosa piccola città marchigiana in provincia di Ancona, sdraiata in una valle circondata da colline famose per i loro vitigni di Verdicchio, nota alle cronache sportive olimpiche per la sua scuola di scherma femminile ed architettonicamente con la dignità di un bellissimo centro storico, fatto di vecchie abitazioni modernamente ristrutturate, sparpagliate in piccole viuzze di cui è facile innamorarsi e grandi palazzi che circondano il corso principale, testimoni austeri di un passato dal sapore napoleonico.

Le circostanze della vita ed alcune burrasche familiari mi costrinsero allora a dover trovare in fretta un reddito che potesse permettermi non solo di mantenere una vita decorosa, ma anche di continuare gli studi, passando dal Liceo all’Università, da sempre evoluzione designata della maturità classica: tuttavia, questo mio stato di persona alla perenne ricerca di un lavoro, sia molto chiaro, non ha mai fatto di me un disoccupato cronico, tutt’altro, ma semplicemente qualcuno che, per tutta una concatenazione di scelte obbligate ed altre invece di libera preferenza, non ha goduto (sofferto?), quasi in alcuna occasione, delle agevolazioni rassicuranti (anguste?) dell’impiego fisso.

Ho infatti tendenzialmente sempre cercato e trovato, quasi senza eccezione, solo lavori temporanei, stagionali, a progetto, a tempo determinato (per lo più part-time nel periodo degli studi), girando in lungo ed in largo un mondo del lavoro che ho visto nei decenni modificarsi profondamente, non tanto nelle offerte o nella mentalità degli imprenditori italiani (allora come adesso provinciali, ottusi, gretti, refrattari all’innovazione ed ancor di più ad idee di business che non siano quelle con cui sono cresciuti, solo di poco appena post-medievali), quanto nel suo stesso valore di apprendimento di nuove nozioni e nel confronto (per lo più imbarazzante) con quello estero.

Fu proprio in quello scorcio di fine anni ‘80 ed inizio anni ‘90 che cominciai a redigere il mio primo curriculum vitae: all’inizio era solo una sorta di riassunto dei miei recapiti e dei pochi diplomi conseguiti, ma con il passare degli anni si è andato arricchendo delle esperienze lavorative più svariate e con esse anche di nuove competenze apprese sul campo, che cominciarono a fare prepotentemente bella mostra di sé, tanto da rendermi davvero orgoglioso quando lo esibivo a qualche possibile nuovo datore di lavoro; in quegli anni lontani, tra l’altro, esisteva ancora l’obbligatorietà di disporre del cosiddetto Libretto del Lavoro, sul quale, in quell’epoca di ancora totale assenza di informatizzazione, venivano scrupolosamente segnati tutti gli estremi fiscali e previdenziali dei lavori svolti in regola, ma parliamo veramente di una burocrazia molto peggiore dell’attuale e di un sistema di monitoraggio che non deve assolutamente far rimpiangere con stupida nostalgia quel periodo di immane arretratezza.

Ad ogni modo, restando sull’oggetto di questo post, va sottolineato che oggi anche il concetto stesso di curriculum è cambiato: ci sono già da anni siti online, gratuiti o a pagamento, che si preoccupano di guidare nella sua redazione chiunque desideri scriverne uno nuovo o semplicemente ampliarne uno già esistente, ma per restare al passo con i cambiamenti e le esigenze di un mondo del lavoro che vorrebbe camminare a fianco dei partner stranieri, non è più sufficiente aggiungere ad una lista nuovi lavori o corsi svolti o diplomi extra conseguiti, ma è necessario fare un upgrade anche della forma con cui tutto ciò viene comunicato ed io l’ho imparato per esperienza personale, quando qualche settimana fa mi sono voluto candidare per un posto di e-commerce specialist presso un grosso editore di fumetti che voleva allargare la sua utenza.

Fortunatamente mi ero da pochissimo consultato con una persona squisita e competente, impiegata presso un’agenzia interinale di lavoro specializzata nel terziario avanzato, la quale, dopo aver osservato attentamente il mio curriculum, mi chiese simpaticamente se ero pazzo ad andare in giro con un simile residuato bellico, perché ai suoi occhi, assolutamente disinteressati ed anzi desiderosi di aiutarmi, era tutto da rifare, sostituendo quasi ogni parte testuale di tipo discorsivo con elenchi e punti ben evidenziati, tutto all’impronta di assoluta chiarezza e lettura velocissima: ancora una volta, non si trattava semplicemente di imparare ad usare nuove piattaforme di impaginazione, ma di capire cosa si voleva proporre di sé all’esterno, cercando di far emergere ciò di cui si sia davvero capaci, anche in modo insospettato (non pensavo ad esempio che fosse utile aggiungere in un curriculum moderno e votato all’essenzialità anche i propri interessi ed hobby), ma soprattutto non avrei mai creduto fosse tenuto in così alta considerazione dai reclutatori contemporanei la predisposizione a sapere creare contenuti nei social network.
Nelle ore successive a quel colloquio informativo e didattico, mi misi subito all’opera, partendo dall’analisi di tutto ciò che avevo fatto nella mia vita lavorativa e scartando tutto quello che ormai era solo zavorra inutile (ci sono lavori che non esistono nemmeno più o che oggi prevedono il possesso di attestati che non possiedo né potrei possedere) e per me fu veramente un tuffo nel mio passato, che mi ha lasciato per giorni pieno di interrogativi e pensieri e riflessioni profonde, ma anche molto piacevole, come un giro in giostra in un parco a tema dedicato a me!

Facendo un rapido bilancio, mi sono accorto di avere tutto sommato molti ricordi felici delle mie tante e variegate esperienze di lavoro, dalle quali, anche per le apparentemente più basilari e semplici, ho sempre ricavato vantaggi economici e umani: è un fatto assodato, d’altronde, che io, da inguaribile ottimista (appartengo con fierezza al team del “Bicchiere Mezzo Pieno”, senza cedimenti a quello triste e disfattista del “Bicchiere Mezzo Vuoto”), mi sono sempre proposto ad ogni nuovo colloquio armato di un sorriso aperto, della massima disponibilità oraria (facile quando si vive da soli, come lo ero da giovane!), tanta voglia di mettermi in gioco ed anche un bagaglio di cultura umanistica che, ahimè, la nostra società post-borghese (resa cieca e stupida, già a livello imprenditoriale, prima ancora che politica, dai miraggi di un tecnicismo che non offre soluzioni ma ripieghi, che mette solo toppe parziali a piccoli problemi, difettando della visione d’insieme di ampio respiro) ha sempre visto come un handicap.

Fino a pochissimi anni fa, infatti, avere un curriculum di studi e di lavoro molto orientato verso la cultura umanistica e le scienze comunicative era qualcosa di cui i possibili datori di lavoro (prima degli anni 2000 chi faceva i colloqui non si chiamava “recruiter”, ma era in genere la moglie o il figlio del padrone della ditta, qualcuno in stile “Mobilificio Lugaresi, soldi ben spesi”, gente tutta di un pezzo, che si era fatta da sola, insieme a qualche piccolo aiuto dall’associazionismo cattolico e pretaiolo o all’opposto da ex-partigiani sindacalisti, in base al colore politico della regione) fingevano di apprezzare nei momenti di rilassamento, ma che nel loro intimo declassavano ad inutile perdita di tempo, ravvisando persino, quasi a livello inconscio, una specie di insulto la evidente superiorità culturale di chi avevano di fronte (come? Dov’è la falsa modestia? Oddio, mi sa che l’ho lasciata in treno!), anche quando essa non veniva mai assolutamente ostentata ed anzi, come nel mio caso, persino nascosta.
Vorrei tra l’altro evidenziare quanto sia stato negli anni per me davvero triste vedere ed ascoltare adulti ignoranti, ma in posizioni autoritarie, che cercavano di sottovalutare la profondità delle loro lacune storiche, filosofiche e artistiche, mettendo come controvalore sul piatto della bilancia del giudizio sociale, il loro essere uomini o donne “del fare”, pratici e concreti, disprezzando coloro che magari avrebbero voluto usare il cervello per cercare soluzioni ai problemi aziendali che potessero durare più di una stagione.

Comunque, ora sono orgoglioso possessore di un curriculum vitae nuovo fiammante, ma ho anche imparato la lezione e non smetterò mai di aggiornarlo anche come filosofia di impaginazione!
Permettetemi adesso alcune precisazioni su quanto ho scritto del mio passato, dato che avrete certamente notato come all’inizio ed anche lungo il testo, ho appositamente glissato su molti dettagli delle vicende personali e familiari che mi hanno spinto a questa scelta di costante ricerca professionale e voglio dirvi ora molto chiaramente, come ho già scritto tante altre volte ma in altre sedi, che io appositamente non aggiungerò altri dettagli alla mia biografia pubblica, giacché non soltanto non ha nulla di affascinante né di istruttivo, ma che anzi, se manifestata, rischierebbe di apparire come una boriosa ed egocentrica ostentazione: ho smesso infatti da tempo di parlare sul web dei miei dolori personali, dei disagi economici familiari vissuti e persino dei fastidi medico-sanitari e questo non per ritrosia o semplice voglia di privacy, ma per quella che mi piace chiamare dignità.
Io penso che nella vita di tutti noi ci siano già figure apposite se si ha desiderio o necessità di aprirsi e di sfogarsi, come i propri partner o gli amici o i confessori religiosi e persino i counselor e gli psicologi, persone che o sono professionisti pagati per ascoltare e consigliare oppure sono mossi da un sincero e gratuito desiderio di aiutarci, perché nostri amici oppure persone che ci conoscono intimamente e ci amano.

So benissimo che quanto sto per dire non costituisce in alcun modo una legge comportamentale valida per tutti e nemmeno una regola generale da osservare, ma è solo il mio personalissimo convincimento, su cui tuttavia ho sempre basato il mio giudizio sulle persone che incontro: io sono fermamente convinto che non esista una vera giustificazione alla continua ostentazione di vittimismo, lamentela e piagnisteo a cui si assiste sul web con regolarità da quando hanno inventato i social network, se non un deprecabile (in alcuni casi patologico e psichiatrico) narcisismo, che spinge certe persone a produrre contenuti sui loro profili Facebook, Instagram, WordPress e persino sul giovanilistico TikTok, basati soltanto su una sorta di terribile pornografia del dolore, con una insistita e continua e logorante (solo per chi legge, ovviamente) esibizione delle proprie sfortune, oltretutto assolutamente fine a se stesse, poiché normalmente chi le mette in atto sa benissimo che dai propri lettori non si potrà mai ricevere alcun aiuto reale, se non la patetica soddisfazione di leggere sulla propria bacheca i commenti (più o meno sinceri, ma diciamo pure per lo più molto falsi o interessati) di altri che propinano una melensa ed untuosa commiserazione (pessimo sentimento!).
Seriamente, io amo ascoltare le persone, specie quando non hanno la sfacciataggine di chiedermelo, ma solo quando nei loro occhi silenziosi riconosco l’urgenza di qualcosa di doloroso da tirare fuori e quando ciò accade amo mettermi in atteggiamento di vicinanza anche empatica, ma questa non è una cosa che si può fare via social, nel modo più categorico, perché non è un atto pubblico, ma qualcosa di intimo, privato a cui va dato rispetto e che non dovrebbe secondo me mai diventare oggetto di contenuti condivisi via internet: persino la comoda e facile comunicazione telefonica (a viva voce o via messaggistica) non è bastante, poiché, insisto, non ho alcun dubbio che l’empatia e la solidarietà vadano sempre agite di persona e se davvero si vuol fare del bene al prossimo, bisogna alzare il proprio culo ed uscire di casa e possibilmente senza urlarlo al mondo intero, in attesa che qualcuno ci appunti una medaglia.
Spero possiate perdonare la mia sincerità, ma per il rispetto che nutro per chi ha scelto di usare parte del proprio tempo per leggere le mie esternazioni, sentivo di dover dire tutto questo.
Buona serata e non dimenticate di dare un’occhiata ai vostri curriculum: rimarrete stupiti di quante cose di sé si possono imparare…
Che post bellissimo!!!!!!!!
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Grazie di cuore!
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Vado veloce perché ho poca connessione…….scusa la brevità
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Abbiamo già detto tutto!
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Bellissimo post amico mio, di quelli che preferisco in cui ci sei più tu che altre cose. La penso esattamente come te e le motivazioni le hai spiegate benissimo, è questione di dignità. Personalmente tendo proprio ad allontanarmi da quel genere di persone perché mi da proprio fastidio sentire lamenti per sciocchezze mentre c’è chi avrebbe tutte le ragioni per lamentarsi, anche qui nei blog, ed invece sono un esempio per tutti, sempre con il sorriso e sempre positivi con la determinazione e la voglia di combattere e andare avanti, un esempio per tutti !
I problemi li abbiamo tutti più o meno gravi, ma lamentarsi non serve a nulla, anzi. Bisogna affrontarli, darsi una mossa e cercare di risolverli, questa è l’unica strada, di qualsiasi tipo siano..
Buona serata e buona domenica amico mio, sempre sulla stessa frequenza 😉
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Si, è proprio così: con il passare del tempo e con una conoscenza sempre più approfondita, io e te abbiamo imparato a stimarci l’un l’altra e non è la prima volta che siamo d’accordo su un argomento sensibile e delicato, così come non sarà nemmeno l’ultima, ma effettivamente questa volta io penso che l’argomento del vittimismo e della ricercata spettacolarizzazione del dolore (questo voler usare le proprie disgrazie per creare contenuto sul web) ci abbia toccato nel profondo, dato che entrambi conosciamo persone che potrebbero riempire un blog solo con i propri disagi fisici ed emotivi, ma hanno scelto invece di essere riservati, con una lezione di dignità senza paragoni.
Si, siamo in sintonia!
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In linea di massima sono d’accordo con te sull’inutilità di certe lamentele ostentate sul web, soprattutto da personaggi famosi, forse per farsi perdonare un successo che non hanno fatto nulla per meritare, o semplicemente per il piacere di farsi compatire. Mi viene in mente, a questo proposito, la straordinaria dignità che ha mostrato Gianluca Vialli nell’affrontare la malattia. Ma è anche vero che non siamo tutti uguali, e ognuno di noi reagisce in modo diverso agli eventi avversi, al lutto, alla malattia o semplicemente alle sconfitte inevitabili che la vita ci infligge. E forse lamentarsi, esternare la propria sofferenza cercando comprensione, per alcuni può essere l’unico modo di reagire al dolore. Come sempre, uno splendido articolo il tuo, una riflessione che aiuta a pensare.
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Ti ringrazio per le bellissime parole nei miei confronti, Raffa e sono certo che alcuni distinguo vanno fatti, caso per caso, ma ho voluto proprio nel post sottolineare con forza ed insistenza che le mie parole, a differenza di tante altre occasioni in cui sono stato molto più assolutista, non possono costituire una legge ed una regola di comportamento a cui tutti dovrebbero sottostare per avere la mia approvazione (ma chi sono io per dirlo o chiederlo?), ma che tuttavia sono anche un principio con cui giudico chi mi circonda ed anche uno dei parametri che mi permette di capire chi possa davvero, tra il mio prossimo, essere oggetto della mia (non di altri, perché solo per me stesso in questo caso) attenzione e della mia cura e chi invece appartiene a quella categoria che preferisco evitare.
Odio chi pensa di avere la verità in tasca e quindi non mi permetterei mai non solo di negare la tua specificazione (su persone che costituirebbero una eccezione a quanto da me descritto), ma nemmeno cercare di convincerti del contrario!
Sono argomenti sensibili su cui però mi sono sentito di dire cosa il cuore mi comanda ed per quello sarei un ipocrita a dire il contrario di ciò che provo.
Buona serata e buon week-end!
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Grazie, anche a te!
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…Il tuo articolo è scritto in forma corretta e dettagliata, è nen articolato è molto ben sviluppato in un crescente intreccio tra la tua vita (non privata ), le tue competenze e le tue scelte che metti a confronto con alcuni passaggi storici sociali ed econimici dei film che hai scelto . Il tutto è descritto e scritto magnificamente . L’ interesse è aumentato senza alcuna stanchezza o noia ma mano che leggevo .Il tuo curriculum vitae è luminosissimo direi che è splendente
Io sono nata a Jesi , dove ho compiuto i miei studi . Il centro storico di questa piccola cittadina è sempre bello . Ho avuto la fortuna di girare un po’ e di uscire dall’ Italia . Non si finisce mai di crescere per questo occorrono anche gli aggiornamenti. Complimenti di cuore e buon riposo
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Oh, Francesca, quello per Jesi è un amore che non dimentico e che non si affievolisce con la lontananza…
Come poi non potrei aver voglia di abbracciarti e darti un bacio sulla guancia per il tuo giudizio così encomiastico neo confronti miei e del mio post (la tua citazione del collegamento che effettivamente ho fatto tra racconto e film, mi ha poi riempito di gioia! Bello essere capiti!!).
Ah, si, sono cose che rendono felici…
Grazie di cuore e buon week-end!
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Grazie è stato bello leggerti ed ora il commento . Sono orgogliosamente contenta che mie figlie siano in linea con il tuo linguaggio . Il linguaggio fa la cultura …Bacione grande
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Ehi, adesso mi commuovo, eh!
Mi fermo qui perché sto arrossendo!
Bye
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Buongiorno scusa ma non ricordo il tuo nome, io sono Francesca ,tranquillissimo per tutto il mi bicchiere a volte si svuota poi torna ad essere mezzo pieno perché provvedo,faccio del mio meglio … sono un’umana .Felice domenica!
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Felice Domenica anche a te!
Mi chiamo Paolo!
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Paolo 🐞
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Grazie ciao
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Caspita questo per me è un tasto molto dolente.
Mi riferisco al curriculum: io non sono riuscita ad aggiornare completamente la mia visione/versione come hai fatto tu, però anche questa volta il limite è mio e sono consapevole di dovermi impegnare a superarlo, perché occorre stare a galla tra le onde o forse dovrei dire che occorre stare a galla nel tempo.
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È proprio così, stare a galla è essenziale!
Spesso ci ricordiamo di “aggiornarci” solo quando qualcuno qualcosa ci costringe a farlo (come è capitato a me) ma poi accade che quello sforzo fatto per aggiornarci ci rende più forti e più vivi…
Grazie sempre!
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Io sul fortificarsi devo assolutamente imparare imparare e imparare.
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Ovviamente mi scuso per la breve risposta di ieri, siamo senza internet e faccio il possibile quando ci è dato un 4g funzionante.
Se posso, vorrei aggiungere un pensiero sull’argomento che a me è molto caro. Quando ho aperto il mio primo blog mio padre era morto da poco, e scoprii che aveva tentato di disconoscermi anche legalmente. Rimasi completamente scioccata tanto che decisi (con ferma convinzione) di raccontare tutto nel mio blog. Non me ne importava nulla di cosa si potesse pensare di me, poiché consideravo il mio dolore la più alta forma di dignità rappresentativa del momento in corso. Fui criticata da alcuni, amata da molti, non ultimo da Silvia che non mancò mai di starmi accanto senza mai giudicare i miei scritti, e no non ci conoscevamo da tanto tempo, anzi ci conoscevamo da poco e sommariamente.
Non ho mai “usato” la mia storia per…non ho mai fatto post su Instagram etichettati di frasi e parole del tutto vacue come va di moda, ma ho “denunciato” i motivi per i quali la mia vita fosse difficile, complicata, dolorosa e stancante. Ne avevo un bisogno profondo, tanto che persino mio marito mi consigliò di aprirmi al mondo senza avere timore di dare in pasto la spettacolarizzazione dei miei contenuti. Il dolore non fa spettacolo, il dolore fa male e quando fa male veramente arriva alla gente per quello che è. Per come la vedo io, ognuno di noi è libero di esprimere come crede e dove crede i propri pensieri senza pensare alle conseguenze. La gente oggi giudica ovunque e sempre senza conoscere fino in fondo CHI c’è dall’altra parte, e questo perché non comporta alcuna fatica.
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Fare di ogni erba un fascio è profondamente sbagliato, perché ogni persona è davvero un universo che va conosciuto e prima di etichettare sbrigativamente qualcuno bisognerebbe prendere il fiato, aspettare ed aspettare ancora, finché alla fine si può benissimo rinunciare… Eppure…
Eppure, cara Paola, il web è un luogo davvero lasciato allo stato brado, dove alcune persone pensano che spettacolarizzare i proprio dolori sia un sistema per creare contenuti, come un altro e purtroppo non è così.
Non sto parlando di una confessione, di uno sfogo, di un pianto che può durare ore o giorni o settimane, ma sto parlando soltanto di chi usa questa tecnica con metodo, ogni giorno, ogni settimana, tanto da oscurare quella che poteva essere una necessità, trasformando il proprio dolore esibito in una tecnica retorica e questo è lontano davvero anni luce ed assolutamente imparagonabile con ciò di cui hai parlato tu in questo secondo commento.
Tra l’esempio personale che hai portato tu ed altri che si possono trovare in giro per il web c’è infatti un abisso e non possono essere giudicati tutti allo stesso modo, soprattutto non possono essere tutti compresi e giustificati allo stesso modo, perché non sarebbe giusto per chi invece non si china a tali mezzi.
Capisco quindi sia le tue istanze, sia la delicatezza che ti ha spinto a non lasciar correre e ad aver scritto questo commento ulteriore dopo un giorno, al netto di tutti i problemi, ma ti assicuro che parliamo davvero di due cose profondamente diverse.
Su tutto, poi, valga la chiarezza delle mie parole, laddove io ho scritto che quello che confessavo alla fine del mio post non poteva essere letto come una legge o una regola comportamentale valida per tutti ma solo per me, perché mi sembrava giusto dire come la pensavo io e quale metro di giudizio io usassi quando giudico il mio prossimo, senza che questo costituisse un dictat e nemmeno un voler arbitrariamente dire agli altri come comportarsi.
Mi tengo quindi stretti i tuoi complimenti iniziali che so benissimo essere stati sincero quanto questa tua precisazione a posteriori, perché siamo persone complesse, stratificate e piene di emozioni, ma ribadisco che la potenza del tuo esempio personale che hai portato oggi ed il valore catartico e salvifico della tua confessione non avrei mai potuta identificare come un esempio di vittimismo o di pornografia del dolore: la verità ha uno speciale profumo e nel tuo caso non lascia mai dubbi.
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Come me tanti altri Kasabake ma bisogna aver voglia di indagare e scusami ma io non ne vedo. Ho parlato di me, non parlo mai di altri, non ho preso le tue parole come legge ma le ho lette per bene con la dovuta attenzione. È un argomento delicato, tanto delicato e come tale va trattato.
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Assolutamente
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I miei panni li lavo in strada, nelle quattro mura mangio e dormo, non ho nulla da occultare, da nascondere o di che vergognarmi. I panni in strada ricevono più luce, calore, aria, asciugano in fretta e non temono i giudizi altrui perché nessun giudizio al mondo peserà mai quanto un dolore vissuto o in corso. Personalmente amo molto gli scritti che raccontano i propri dolori, fallimenti, speranze, voglia di riscatto, desiderio di rivincita. Non avendo io un’anima oscurata dalla cattiveria, prendo tutto come una lezione di vita dalla quale potrei imparare anch’io qualcosa e su WP io ho imparato tanto, lo dico spessissimo anche quando affronto riunioni importanti. È stata una scuola a tratti severa, altri molto costruttiva e questo lo devo a tutte quelle persone che con me si sono messe a nudo perché io per prima mi sono mostrata così.
Lasciamo alle persone il diritto e il piacere di essere cosa sentono e di manifestarsi come credono. Ma chi siamo noi per stabilire cosa sia giusto o sbagliato? Prendiamo te Kasabake, come esempio. Se fossi una giudicante, per quale motivo dovrei seguirti, tu che non passi mai nemmeno per un saluto? Tu dici di non avere tempo, se fossi cattiva penserei che non è vero e che non te ne frega nulla degli altri, ti toglierei il follow. Che farmene di un assente? Ma io non sono così, non giudico, colgo ciò che c’è e apprezzo se c’è stima.
Ho parlato per me è sempre un bene parlare di noi stessi, per esperienza.
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In realtà hai appena espresso un giudizio ed anche molto tranchant, perché le parole hanno sempre un peso e lasciano un bel segno anche quando le usi tu e non solo gli altri.
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No, io ho raccontato la mia storia e il mio modo di aver vinto su un pezzo di vita orrendo. E credimi mi sono lamentata tantissimo……ma tanto tanto. Ciò detto va bene lo stesso Paolo, da me di certo non ti perdo, non passi mai.
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Va bene.
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Amica, sposami😍 Sei riuscita a dire tutto ciò che avrei voluto dire anche io. Sai che ho aperto il mio blog per Sabrina, che non c’è più. É come un diario e ci metto dentro tutte quelle parole che non sono più in grado di dirle. Non mi sono messa a elencare tutte le cose accadute ma, scrivere per lei, di lei, a lei, mi ha aiutata a venir fuori da una buca profonda (nella quale, non ti nego, spesso rischio di ricadere). Non é pietismo né ricerca di consolazione, di fatto non scrivo molto, ma é un modo per dire: ” Ecco, questa sono, queste eravamo e in questo mondo di merda c’eravamo anche noi… in questo modo”. Non trovo banale l’ostentazione del dolore, forse un po’ grottesca quando é continua, piena di piagnistei o atteggiamenti isterici, a volte é persino comico il modo di esternarlo… ma il dolore é dolore e ognuno lo esorcizza come può, come sa, come é. Baci belli, cara.😘
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Io ho fatto così…..ho reputato opportuno esprimere il mio comportamento che tanto mi ha dato… Per fortuna dico io😀
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Molto facile parlare per gli altri!
Il tuo, Kasabake, non è un giudizio, per carità!
Parli addirittura di mancanza di dignità! Di piagnistei continui e reiterati.
Di pornografia del dolore!!!!!
Questi non sono fiorellini di campo.
Non siamo amici! Intercorreva, nondimeno, un rapporto di cordialità tra noi due o almeno così credevo. Guardacaso, questa “denuncia” della mercificazione del dolore, che paroloni, nessuna ostentazione da parte tua, come no, arriva poco dopo un mio commento in risposta ad un tuo articolo, nel quale parlavi delle persone anziane, parcheggiate, già il termine è di per sé esaustivo e non poco offensivo. Parliamo di persone, non di automobili. Il mio commento era stato motivato.
Da allora il silenzio 🔕
E vi si aggiunge chi, non conoscendomi affatto e, non sapendo nulla di me, mi ha giudicata e scartata come una caramella 🍬 avariata!
Val
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Io non sono stato a casa tua, nel tuo blog, a parlare male di te o di ciò che scrivi, come tu invece stai facendo ora: la mia era una confessione su ciò che non sopporto, senza nomi o cognomi e penso che avessi tutto il diritto di dire ciò che pensavo senza puntare un dito contro qualcuno in dettaglio, ma tu hai deciso di trasportarla sul piano personale e di farlo qui, sotto al mio post che ho scritto e questa è una cosa che non tollero, da nessuno.
Perciò se questo avrà un seguito lo cancellerò senza pensarci due volte.
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Me ne farò una ragione!
Sai molto bene come stanno le cose, sono io che non tollero chi si esprime come te. A casa 🏡 mia, del resto, non hai tempo di passare, saresti il benvenuto.
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Amico mio, come volevasi dimostrare sul web non si può mai dire come la pensi! E poi tu mi sproni perché io ritorni a fare post personali, non lo farò di sicuro mai più e ora ne sono sempre più convinta! Sul web occorre comportarsi come in Ufficio con i Dirigenti quando dicono qualcosa: “Di di sì e sorridi” poi in realtà fai come ti pare! Ma visto che è una cosa che odio perché comunque si mente, al lavoro ero obbligata ma qui no, quindi non ho nessuna intenzione di compiacere tutti per forza e di fare la finta amica con tutti dandogli sempre ragione, perché non si può piacere a tutti e nemmeno essere amici di tutti, né tantomeno pensarla allo stesso modo e chi lo fa mente e in realtà non è amico di nessuno…..però questo piace molto.
Quindi io continuerò con la cucina Forever!
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Ti capisco e penso che anch’io smetterò di scrivere nel modo personale che ho sempre tenuto. Pazienza
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Si tratta di sopravvivenza, il proprio tempo meglio dedicarlo ad altro 😉
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Assolutamente
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Un post che mi riporta al mio di curriculum: un calderone di emozioni, persone, posti e lavori diversi. Molta ricchezza.
Ciò che mi ha lasciato perplessa è l’uso di una definizione “pornografia del dolore” che mi tronca l’entusiasmo iniziale.
Mi permetto di dissentire. Il web è a uso e consumo di tutti: si può non seguire, non commentare e non giudicare: semplicemente si passa oltre. Lo strumento con cui ci liberiamo dei nostri pesi, del dolore, dello stress non sempre corrisponde ad un interlocutore in carne e ossa, ma per me, spesso è carta e penna o gli amici del condominio di WordPress, perché se non ci si può confrontare, cosa stiamo a fare qua? Se non possiamo scrivere di noi e del nostro mal di vivere quando diventa assordarte e insopportabile, perché abbiamo aperto un blog? Tantissime persone sole, incomprese hanno trovato un porto sicuro dove essere rassicurate. Perciò, la pornografia del dolore è solamente dolore, solamente tristezza che si ha il bisogno di far uscire, e non importa dove o con chi! Fatela uscire, liberatevi dalle scorie. Non è debolezza o narcisismo o raccattare pietà. E un voler dire ciò non possiamo più fare a meno di tacere.
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Anzitutto grazie dei complimenti iniziali, che tengo stretti per l’aver definito questo post un calderone pieno di emozioni, perché poi, alla fine di questo si parla, anche nella parte finale che ti ha disturbato per la mia affermazione, perché sono le emozioni a scaldarci e magari far vedere lo “scandalo” dove non c’è: ciò che infatti ho scritto non è niente di nuovo ed è un argomento vecchio come il web, anzi come ogni mezzo di comunicazione.
Senza entrare in dettagli, ho lavorato nel sociale e sono abbastanza versato nell’aver toccato con mano il dolore altrui, nei confronti del quale ho il massimo rispetto, ma ho sempre provato, forse proprio per questo motivo, una certa avversione per ogni forma di spettacolarizzazione di quegli stessi sentimenti che magari qualcuno ha difficoltà ad esprimere, per paura di essere respinto o giudicato inadeguato e che spesso finisce per soffrire in silenzio.
Mi permetto di proseguire solo per l’educazione con cui mi hai rivolto questa critica e ti dico che nemmeno l’espressione “pornografia del dolore” è una mia invenzione, ma è un termine che da decenni viene normalmente usato quando si vogliono descrivere tutte le forme di spettacolo (un tempo solo giornalistico cartaceo, poi televisivo ed oggi via social network) che abbiano come obiettivo non una liberazione delle proprie angosce o uno sfogo, ma un modo per catturare visibilità ed avere audience.
Chiaramente sta alla libertà critica dell’individuo decidere cosa per lui sia davvero una risposta ad un bisogno sincero e cosa invece si pensa possa essere una posa ed io non mi sono permesso di indicare chi o cosa fa una cosa o l’altra, come puoi benissimo leggere da solo nel mio post.
Se giri per il web o anche solo se digiti il termine “pornografia del dolore” troverai davvero decine di articoli, scritti da persone infinitamente più qualificate di me, che parlano dell’argomento e di come una parte dei media e dei post pubblicati sui social si basi su questo.
Se mi segui, sai inoltre che io uso sempre esemplificare i miei post con delle immagini, in genere tratte da film o fiction, ma su questo argomento ho deciso di prendere come esempio la vicenda (che ho dettagliato con dovizia di particolari sotto all’immagine) di Fedez che ha scelto per ottenere i suoi abituali quotidiani centinaia di migliaia di like, di postare online addirittura l’audio della sua seduta dallo psicologo, in cui esprimeva la sua paura di fronte alla morte: un gesto fortissimo, che però per me (ma non solo per me) aveva uno scopo per lo più pubblicitario.
Ripeto, quel termine che ti ha smorzato l’entusiasmo, come hai scritto, non è una mia invenzione, nemmeno nella scelta delle singole parole e spero che tu mi riconosca il diritto di poterla usare in un post.
Più volte nella mia vita mi è capitato di imbattermi in dolori individuali altrui davvero terribili, vissuti sia apertamente sia anche con la sofferenza silenziosa di chi non sapeva esprimerli e che per me venivano in qualche modo “sporcati” dalle urla di quattro galline spennacchiate come gli abitanti della casa del Grande Fratello e del loro confessionale.
Inoltre, a differenza di ciò che mi capita in altri contesti, proprio perché l’argomento che ho trattato nel
finale, è molto delicato e diverso caso per caso, ho voluto da subito specificare che quanto stavo per dire era solo un mio pensiero personale e non qualcosa che ritenevo fosse valida per tutti.
Insomma, sono colpito che si possa provare indignazione per una esternazione simile: la Pornografia del Dolore o la più generica Spettacolarizzazione del dolore non sono concetti che creato io o altri strani personaggi, ma una realtà molto forte dei moderni media, che paradossalmente può rendere persino più difficile confidarsi a chi magari ne ha davvero bisogno.
Spero di averti chiarito la mia posizione, perché, facendo riferimento alla tua chiusura, ognuno è palesemente libero di usare il suo spazio web come meglio preferisce allo stesso modo come ognuno deve essere libero di non leggerlo o inchinarsi di fronte a qualcosa che non reputa di suo interesse.
Libertà per libertà.
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Diciamo che il termine pornografia del dolore mi disturba perché è l’ennesima etichetta apposta, e le etichette non mi piacciono.
Posso dirti ancora che le tue parole usate per definire queste persone, non sono gentili e non si può sapere realmente cosa cerchino nello scrivere fatti personali: conforto, magari? Non si perde la dignità…forse si acquista fiducia e coraggio. Il mio blog è un misto di tutto: ci sono tematiche, dolori, libri, rabbia e musica. Ci sarebbe da fare una netta distinzione tra i social e WordPress, dove ho conosciuto e seguito persone proprio perché hanno avuto il coraggio di denunciare abusi, di parlare in prima persona di argomenti spinosi e scomodi, ma senza denigrare chi non faceva la stessa cosa. Non mi piace fare pollaio ma proprio qui, il dolore non deve avere muri di contenimento.
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Va bene, rispetto la tua opinione e quindi non mi permetto di insistere in una difesa d’ufficio delle mie parole.
Grazie di aver comunque voluto tornare per rispondere
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Non è un accusa a te o alle tue parole, bensì il mio punto di vista a difesa di chi, sul web, in special modo qui, ha potuto parlare liberamente di dolore senza filtri.
A volte, le parole sono lame affilate che penetrano l’anima.
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Lo capisco benissimo e come ho scritto rispetto la tua opinione
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Bellissime considerazioni!
Neppure io sopporto a lungo il vittimismo 🤗
PS. Ora che non lavoro più per un guadagno, perché sono in pensione, continuo a tenere aggiornato il mio CV, che è diventato lunghissimo😉
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Grazie Luisa, le tue parole mi fanno estremamente piacere, molto più di quanto tu possa pensare.
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Sei davvero gentile! Grazie a te 💙
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💙
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Il mondo dei recruiter è particolare: quelli delle aziende, di solito, sono normali impiegati prestati a questo ruolo, che smistano pratiche e che quindi hanno bisogno di punti fermi, paragrafi e caratteristiche da allineare e segnare con l’evidenziatore. In altri casi una AI (la stessa che prova a risolvere i tuoi problemi di connessione con questo e quel provider e poi ti dice “mah, prova a chiamare il numero verde”) scandaglia il testo alla ricerca delle parole chiave. In entrambe questi casi un CV deve essere standardizzato, colpire con parole chiave, un po’ come si farebbe o dovrebbe fare per risaltare nei motori di ricerca.
Ci sono poi recruiter di professione, che sì leggono i curriculae e poi selezionano le persone almeno per un primo colloquio, ma queste figure, a me risultano misteriose, non so davvero cosa leggono e capiscono di un CV, ne vedo gli effetti in alcune assunzioni, e pare ci sappiano fare.
In generale un CV deve essere una sorta di … pagina di presentazione, molto social, perché si deve superare il primo scoglio, la preselezione. Guardando il mio, alla fine, mi sono sempre detto: ma ok, che so davvero fare? Il dubbio resta.
Se penso invece al come ci\mi presenta\o sul blog… mmm si capisce un po’ di me, perché come si dice: comunicando ci si mostra, e quindi sì, però molto resta separato da una barriera che voglio tenere ben alta. Il blog è una parte di me, ma è finalizzato ad altro.
Guardando in giro nei vari blog ho notato spesso reportage interi di malattie e maltrattamenti e cose terribili che vengono raccontate da chi, forse, pensa in quel modo di superare l’eventuale trauma. Non so se questo aiuti, forse sì, forse fa conoscere persone con la stessa situazione e magari crea un legame, se non amicizia in rari casi. Non ho le competenze per dare una risposta sensata alla domanda. Quando cominciai l’avventura blog, giusto per (narcisistica) volontà di pubblicizzare e condividere un po’ della mia scrittura (che se rileggo ora ommioddio) e poi per puro divertimento e condivisione (tra l’altro incappando in un tuo memorabile post su quanto pecore fossero gli umani) mi resi conto di quanto il mondo dei blog fosse più femminile che maschile, e più una valvola di sfogo e mi chiesi: perché. Non è che mi sono dato tante risposte, e nel frattempo ho trovato blog validi, e altri che sono “like centrici” e importa loro poco o nulla se sono o non sono seguiti sul serio, e allora mi riallaccio al discorso iniziale del CV… come si scrive un CV? E quanto si dice e quanto dovrebbe dire di sé?
Forse dovrebbe risaltare certo il cosa si è fatto, ma soprattutto la passione con cui si è fatto! E poi lo leggerà qualcuno e lo valuterà? Come sempre non c’è risposta, perché recruiter che incocci, recruiter che trovi, incluso quel mix di persone che vedono le scienze umanistiche inutili, perché non sanno che il pensiero nasce anche da quello, il pensiero puro e nasce dalla cultura pura e serve sempre, perché consente di vedere le cose da più punti di vista, ed è comunque formativo.
Ma del resto, il mondo è così, almeno adesso, qui da noi, non sembra così in altre nazioni che l’hanno capito, questo fatto del pensiero, dei punti di vista…
Mi piacciono questi post che danno da pensare, specie su di sé.
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Buongiorno Gianni, è un grande piacere leggerti, oltretutto con un commento di lunghezza assolutamente inedita per te, che in genere, strozzato dal poco tempo ed essendo sempre di corsa, usi forme molto più sintetiche… Segno che questo tuo commento (ed hai fatto bene) è stato costruito con calma, leggendo bene anche i commenti prima di questo e scritto e costruito con sapienza, quasi ecumenica, per non disturbare nessuno, ma al contempo, il solo fatto che tu lo abbia scritto è molto importante, più di qualsiasi altra cosa e questo ovviamente ti fa onore come comunicatore e come amico.
Sul contenuto, hai scritto solo cose perfettamente condivisibili (con anche, fortunatamente per noi che amiamo leggerti, un guizzo inedito di freschezza quando hai citato l’uso delle AI nella lettura veloce dei CV, cosa che non dice mai nessuno, ma tu sei tu, sempre avanti, sempre sul pezzo…).
Per quel che riguarda la chiusura, se da un lato mi fa piacere il tuo gradimento per questo genere di post (come hai scritto? Post che danno da pensare…), dall’altro non penso che continuerò a farne, non con questa sincerità per lo meno.
Grazie ancora del tuo contributo (vedi? So essere molto pacato quando voglio!) e buona giornata, maestro!
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Mi sono alzato (ed è vero) un’ora prima per avere questo tempo! 😀
Riguardo al tempo, lo sto riconquistando metro a metro.
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Questa è una bellissima notizia! Il fatto che tu stia lentamente riappropriandoti del tuo tempo (che effettivamente scritta così sembra un canovaccio da origini segrete di un qualche villain Marvel galattico…) mi fa molto piacere…
Anzi, scusa un attimo… «Ragazzi! Smettete di costruire quell’acceleratore di particelle portatile! Gregoroni sta ritrovando in suo tempo da solo! Tornate a lavorare sullo sfasatore dimensionale, dobbiamo sempre ancora recuperare i suoi cloni, non scordiamoceli… I nostri ragazzi non vanno abbandonati!»
Scusa l’interruzione…
Stavo dicendo che sono contento per te e per la speranza che tu riesca a concludere alcuni dei progetti a cui tenevi!
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😀
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Ps.: quando mai sei stato “non pacato”? Non per farti complimenti, però trovo poche persone che siano così corrette e aperte al dialogo
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Domo arigato!
Adesso invece un po’ di consigli per gli acquisti…
Devi (DEVI) assolutamente trovare il tempo per vedere le seguenti cose:
Decision to Leave
(l’ultimo film di Park Chan-Wood, una storia d’amore mescolata al giallo, con una regia sublime)
Severance/Scissione
(La serie tv Apple)
The Last of Us
(Non penso necessiti di presentazioni)
Sono tre prodotti di intrattenimento culturale accomunati da un livello di scrittura davvero raro e che tu meriti di vedere come ossigeno puro per uno scrittore legato al suo tempo anche se sognatore come te.
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The Last of Us mi aveva incuriosito in effetti… me li segno, anche se in questi giorni, in generale la TV e simili, sono banditi da casa
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Questo perché San Remo è San Remo…
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Scherzi a parte, non parlo del soggetto, che è tutto merito del videogame creato e scritto da Neil Druckmann, ma parlo proprio dello script di adattamento televisivo, scritto da un vero talento come Craig Mazin, vero artista…
Buona giornata!
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Mi incuriosisce ancora di più
dannazione 😀
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Non faccio un curriculum da eoni, il che mi rende una persona fortunata, e spero di non doverne mai fare un nuovo. Tuttavia, se mai capitasse, già so quale sarebbe il primo punto dell’elenco che scriverei, bello in grassetto, magari anche evidenziato, che magari può sembrare un po’ grezzotto ma fa sempre la sua porca figura.
Ecco, io scriverei come prima cosa, ancora prima delle mie qualifiche e delle mi esperienze, che:
sono amico di Kasabake
Lo scriverei con orgoglio e con la consapevolezza che chiunque leggesse questa frase senza capirne il valore, non meriterebbe il mio tempo e il mio lavoro.
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Ti ringrazio commosso e non aggiungo altro perché la vanità è davvero un brutto vizio e qui in questo post da parte mia poi sarebbe davvero fuori luogo, ma il tuo abbraccio mi è arrivato forte e chiaro, fratello!
Come dicono in Avatar “io ti vedo!”
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Come vedi amico mio chi ti conosce sa esattamente chi sei e come sei, non c’è bisogno di aggiungere altro, quello che mi dispiace è solo che, esaminando le dinamiche e le parole dei vari commenti mi è risultato chiaro che l’attacco non era rivolto a te, ma a me, solo che avendo scritto tu sei stato il capro espiatorio del tutto e tutto per una confidenza mal riposta!
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Non posso che ringraziarti come sempre e sono certo che la verità arrivi poi sempre dai fatti…
Un abbraccio ed un augurio per un week-end splendido!
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Esattamente! Buon fine settimana a te 🙂
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