La Geometria Estetica e Narrativa di Refn in “Too Old To Die Young”

Come già esplicitato nel mio post precedente scritto a scopo introduttivo, in questa nuova rubrica dal titolo New Kasa Shots (abbreviato per comodità in NKS) presenterò di volta in volta singoli segmenti filmici (siano essi shot, scene o intere sequenze), che poi, approfittando della loro bellezza e del loro potere comunicativo, userò per parlare più in generale di linguaggio cinematografico: questi miei NKS non saranno quindi delle recensioni a tutto tondo di film o fiction televisive, quanto piuttosto delle scuse per chiacchierare con voi in modo pacato sulla Settima Arte e se possibile per raccogliere anche le vostre impressioni sui singoli momenti di cinema mostrati.

Questa volta, a fornire il prezioso materiale filmico di cui parlare è la singolarissima ed anomala miniserie televisiva statunitense Too Old To Die Young, ideata ed interamente diretta nel 2019 dal cineasta danese Nicolas Winding Refn (anche lui spessissimo indicato per acronimo, con l’abbreviazione di NWR), che è anche autore delle sceneggiature di ognuno dei 10 lunghi episodi (più o meno un’ora e mezzo ciascuno, quasi dei film), scritti in collaborazione con il fumettista Ed Brubaker, creatore quest’ultimo di moltissimi comics in campo supereroistico adulto, ma soprattutto autore della acclamata serie Criminal, artefice prestigioso del ritorno del genere noir e poliziesco nella letteratura disegnata statunitense degli anni 2000.

Parlare di TOTDY è un compito arduo, giacché si tratta di un prodotto cine-televisivo davvero unico nel suo genere: assolutamente non genuflesso verso alcun gusto alla moda, dichiaratamente indifferente ai normali tempi televisivi (già nella scena d’apertura del primissimo episodio, proprio laddove uno sceneggiatore ed un regista in genere s’impegnano per catturare l’attenzione del pubblico o comunque cercano di fornire le indicazioni principali utili a mostrare il tipo di storia che si vuole raccontare, Refn sceglie di indugiare per svariati minuti nel seguire con la cinepresa soltanto l’effetto di luce che un lampione fa sul cofano di un auto parcheggiata, mettendo a dura prova la pazienza di uno spettatore non predisposto ad un simile ritmo di visione), mancante di pietà nel mostrare i momenti di violenza verso personaggi a cui in qualche modo lo spettatore si è affezionato (con svolte di trama mai ovvie), inesorabile e realistico (pur senza mai veri eccessi di esibizione) nel mostrare la completa mancanza di remore ed inibizioni da parte di donne e uomini dalle anime irrimediabilmente perse nel perpetrare i loro crimini, catartico e visionario invece nella narrazione delle gesta di pulizia e giustizia cosmica operate dagli strambi anti-eroi protagonisti, infine apparentemente privo di una morale interna alla narrazione (data la palese assenza di personaggi davvero positivi con i quali è quindi impossibile empatizzare), ma in realtà con sottesa un’etica laica fenomenale ed una condanna dell’attuale gestione del potere sociale difficilmente rintracciare altrove nel cinema contemporaneo (gli autori si sono ritagliati persino un momento, che è quasi un suicidio commerciale da proporre in una serie televisiva, in cui uno dei personaggi recita un monologo di circa 4 minuti sul tragico futuro dell’umanità, ripreso in inquadratura statica mentre se ne sta seduto immobile su una poltrona).

Tutte le opere di Refn sono sempre pienissime di idee visive e caratterizzate da un’estetica talmente perfetta da trasformare in ogni scena la forma in sostanza, perciò, mentre in giro per il web potrete trovare ottime recensioni che sapranno parlarvi più diffusamente e più compiutamente di questa fiction televisiva decisamente non semplice (come scrive nel suo blog Giuseppe Marino, uno dei migliori e tra i più colti veri recensori di cinema, «Too Old to Die Young è un’esperienza totale, appagante nel suo non essere intrattenimento, un esperimento a cui si deve aver voglia di partecipare»), noi invece ci soffermeremo solo su alcuni aspetti tecnici di ripresa presenti nella serie, come l’uso significativo della cosiddetta carrellata laterale – side tracking shot ovvero la ripresa ottenuta quando la camera viene montata su un carrello che si muove su un binario in direzione trasversale rispetto al soggetto.

Mentre con la carrellata in avanti – tracking shot forward (dove la camera si avvicina verso un’immagine ferma, ambiente o personaggio che sia) il regista in genere vuole accompagnare visivamente la lenta ed inesorabile entrata in contatto dello spettatore con un personaggio o una vicenda, accrescendo così l’interesse dovuto a quella situazione e mentre ancora con altri tipi di uso del carrello (come ad esempio la spettacolare carrellata circolare – circular tracking shot, nella quale la camera compie un giro completo attorno ad un soggetto) lo scopo della ripresa è sempre quello di enfatizzare il momento filmato, con l’uso laterale del carrello di ripresa il cineasta usa lo sfondo e lo spazio filmico dietro i personaggi (ovvero i rilievi architettonici, le linee, i colori ed anche il movimento degli attori e delle cose rispetto ad esso) per facilitare una comunicazione più chiara e lineare, esattamente come avviene quando un bravo fotografo compone il suo scatto bilanciando tutti gli elementi presenti nell’inquadratura.

Per meglio spiegarmi, osserviamo ad esempio la scena riportata nella seguente clip, dove assistiamo all’incontro tra il personaggio di Martin Jones (ex-agente di polizia, poi divenuto detective ed infine “cane sciolto”) e quello di Diana DeYoung (enigmatico avvocato di vittime di atroci delitti, apparentemente in contatto con creature metafisiche che le danno poteri semi-divinatori), che deve valutare la possibilità di usare per i suoi scopi di giustizia privata un’anima perduta come quella di Jones: l’incontro è ripreso in un unico shot, con la cinepresa che segue Diana passeggiare avanti ed indietro a bordo piscina, prima da sola e poi raggiunta da Martin, al quale pone delle domande; poi, senza fermarsi, Diana continua ad avanzare da sola, per riflettere sulla decisione da prendere e quindi si arresta, si gira, torna sui suoi suoi passi, fino a fermarsi di nuovo davanti a Martin, per guardarlo negli occhi o se vogliamo per entrare in contatto con il suo spirito toccandolo sul petto; infine prende la sua decisione e si allontana di nuovo da sola, finché Martin, che evidentemente ha deciso di condividere da quel momento in poi il suo strambo destino con la sua nuova mentore, la raggiunge camminando al suo fianco, in segno di accettazione, fino a quando non riceve il suo nuovo incarico ed allora vediamo i personaggi che si dividono di nuovo.

Chiedo scusa per quello che potrebbe essere sembrato un eccesso di supponenza da parte mia, ma volevo solo far capire come al cinema il modo con cui si riprende una scena non è mai davvero casuale e nel caso di grandi registi (per altro i veri maestri nella composizione delle inquadrature sono sempre stati non casualmente anche ottimi fotografi) il modo con cui essi decidono di girare una scena comunica sempre dei valori aggiunti alla narrazione pura e semplice di fatti in sequenza.

A tal proposito, guardiamo assieme come Refn gestisce un’altra scena, questa volta ambientata in un ranch fuori città, dove gli uomini al soldo di Jesus Rojas (il giovane nuovo capo del cartello messicano della droga in espansione nella metropoli di Los Angeles) e della sua misteriosa consorte Yaritza (alter ego terrestre della leggendaria Sacerdotessa della Morte) propongono ai loro capi l’uso di una delle stalle come luogo perfetto per poter rinchiudere un prigioniero in arrivo ed ucciderlo lentamente attraverso torture e pestaggi: il nostro regista danese fa compiere al personaggio di Yaritza una vera e propria rassegna militare (come un comandante che esamina dei sottoposti) e per questo decide di usare di nuovo il carrello laterale, mostrando passo dopo passo lo sguardo impassibile della donna sui cavalli chiusi dentro le gabbie, per poi replicare in modo speculare (quindi ribaltato, in controcampo) il medesimo movimento di macchina per un’altra rassegna, questa volta inaspettata per gli stessi sgherri aguzzini, quando Yaritza chiede di voler esaminare anche l’altra stalla, dove sono invece rinchiuse, come bestie, le ragazze usate nell’attività di prostituzione; lo sguardo di Yaritza è il medesimo già usato per i cavalli, ma è proprio il movimento della cinepresa ed il parallelismo che la ripresa crea, tra bestie e vittime del commercio sessuale, che in questo caso rivelano allo spettatore il turbamento emotivo del personaggio, nascosto dietro quell’apparente indifferenza, preannunciando così un desiderio di vendetta montante sotto le braci spente.

Quanto fin qui detto e visto ci permette di osservare infine, con occhi diversi e maggiormente consapevoli, una delle scene più significative dell’intera fiction ovvero quella del massacro compiuto da Yaritza presso il motel usato dal cartello della droga per prostituire le donne tenute prigioniere, luogo che nella serie è assurto a simbolo di depravazione e mercimonio sessuale e nel quale sono i maschi bianchi statunitensi (spesso anche suprematisti e razzisti d’accatto, come nel caso di coloro che si fregiano di riferimenti al nazimo per dare una delirante autorevolezza fuori tempo allo sdoganamento della loro perversione) a fare la parte dei migliori clienti: dal lento incedere di Yaritza, proveniente dal buio della notte verso le luci opache del motel, alle strette carrellate a precedere (quelle ossia con ripresa frontale del personaggio che incede) e quelle a seguire lungo i camminamenti dei bungalow, fino alla complessa carrellata laterale, con cui viene fotografata e ritmata tutta la sparatoria, questa scena è un vero prodigio di equilibrio fotografico, in cui l’azione viene scandita dagli elementi di contorno, come le staccionate di legno per le piante rampicanti o gli stipiti delle porte o le finestre, usate quindi come linee di un’intelaiatura, similmente ad un flusso di diapositive in movimento.

Solo per curiosità, dopo che Yaritza ha terminato di uccidere l’ultimo pervertito, rivolgendosi alla ragazza seviziata ancora legata a letto, le dice in messicano «Prendi tua sorella. E dillo a tutti. Di’ che la Grande Sacerdotessa della Morte vi ha salvate».

Questo è tutto, per questo post in cui abbiamo provato a parlare di un movimento di macchina come quello della carrellata laterale, apparentemente molto semplice, ma che può regalare tante soddisfazioni sia ad un bravo regista, come anche ai suoi spettatori, i quali potranno gustare sequenze dai significati più sfaccettati e meno ovvi.

Se vorrete, fatemi sapere la vostra opinione su tutto questo: buon week-end a tutti!


In questo post abbiamo parlato dei seguenti film e fiction televisive:

Too Old to Die Young, USA, 2019
Stagione Unica, 10 episodi
Soggetto: Nicolas Winding Refn e Ed Brubaker
Sceneggiatura: Nicolas Winding Refn, Ed Brubaker e Halley Gross
Regia: Nicolas Winding Refn
Interpreti prinicipali:
Miles Teller (Martin Jones)
Augusto Aguilera (Jesus Rojas)
Cristina Rodlo (Yaritza)
Nell Tiger Free (Janey Carter)
John Hawkes (Viggo Larsen)
Jena Malone (Diana DeYoung)
Disponibile sulla piattaforma streaming Amazon Prime Video


A Vostro Rischio e Pericolo ovvero i momenti televisivi di “suicidio commerciale” di TOTDY

  • Il Monologo in Poltrona:


Uno dei momenti di Pura Poesia Visiva di TOTDY

Viggo crea il caos nel campo caravan degli stupratori pedofili filo-nazisti


Categorie Cinema e Tv, Fiction TV, New Kasa ShotsTag , , , , , , ,

21 pensieri riguardo “La Geometria Estetica e Narrativa di Refn in “Too Old To Die Young”

  1. Non smetterò mai di ringraziarti per questi tuoi post amico mio! Sono delle vere e proprie lezioni che rappresentano un arricchimento culturale per chi, come me, è ignorante in materia.
    Si impara ad assimilare tutto quello che un film ti può dare, che non sono solo le parole o gli effetti speciali, ma il valore delle varie riprese, il loro significato e tanti particolari che prima passavano del tutto inosservati.
    Bellissimo e interessante post soprattutto per i video che hai postato che sono la dimostrazione visiva delle tue parole.
    Ho trovato il primo davvero fantastico, con la ripresa che inizia e termina nello stesso punto e così anche per le azioni degli interpreti.
    Anche il monologo mi è davvero piaciuto molto, buona serata amico mio 🙂

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    1. Ti ringrazio di cuore per le tue parole, che so essere sincere ma non per questo meno generose ed affettuose per me!
      La raffinatezza dei punti di stacco, fermata e giravolta della donna, che tu hai notato brillantemente, non l’avevo nemmeno citata e mi scalda il cuore che tu ne abbia parlato!
      Oltretutto ti sei guardata persino il pezzo del monologo, assolutamente non semplice e decisamente anomalo: tanto di cappello.

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      1. i video li ho visti tutti, anche l’ultimo è molto significativo, a prima vista può apparire una carneficina come tante altre viste, ma a guardare bene c’è molta simbologia, soprattutto nella lentezza delle immagini del finale quando vola il denaro e la bandiera nazista….

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        1. E si, assolutamente, hai proprio ragione… In Refn non c’è mai davvero nulla di casuale, nemmeno nelle uccisioni di Yaritza…

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  2. Fantastico post ricchissimo di curiosità che non conoscevo sul cinema, mi hai insegnato tantissimi nuovi particolari affascinanti su questo meraviglioso mondo!!! Tantissimi complimenti!! Grazie infinite con tutto il cuore per i tuoi meravigliosi post!! ❤️
    Buon Weekend anche a te!! ❤️ Un abbraccio fortissimo! 🤗🥰

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    1. Sei sempre gentilissima con me e mi fa tanto piacere di averti incuriosito con queste mie osservazioni di cinema: sono uno spettatore appassionato ed adoro condividere ciò che provo quando guardo un film ma sono anche molto timoroso di essere frainteso come un presuntuoso, specie quando mi metto in cattedra…
      Perciò, di nuovo, grazie di cuore!

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  3. Con calma leggo e guardo tutto, vedo tutto molto eloquentemente interessante, ciao 🙂

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    1. È già molto per me, grazie!!

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  4. L'ORA DELLE OMBRE- diario da altrove di un sole nero 15 Mag 2021 — 21:32

    Fantastico Kasabake, che bello bello bello. Quante cose nuove da imparare, yuppieeeeeee (ah sono Paola, ma ho finito i traffici trasformanti. )

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    1. La tua voce scritta è la tua firma! Non potevo non riconoscerti!!!
      Grazie, ovviamente!!

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      1. L'ORA DELLE OMBRE- diario da altrove di un sole nero 15 Mag 2021 — 21:38

        A te che a me..

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  5. Incantata….
    Sempre e solo grazie amico mio.

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      1. Quando tu racconti io sto’ così…

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  6. Non sono un appassionato del cinema né della televisione ma ho letto con curiosità tutto quanto. Un post ben documentato e veramente pregevole.

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    1. Proprio perché non sei un appassionato di cinema e tu il tuo apprezzamento vale doppio!
      Perciò anch’io ti dico doppio grazie!!
      (Mi tengo stretti gli aggettivi “ben documentato” e “pregevole”, che fanno bene alla propria autostima!)

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  7. Bel post anche questo, è davvero un piacere leggerti, anche perché o soprattutto perché mi incuriosisci e incanali informazioni con semplicità 🌹 Alcune scene, a mio modesto parere da profana, interessantissime: La carrellata laterale con la ragazza che si avvicina in diagonale è perfetta, mi pare, occupa per un bel tratto sempre lo stesso angolo di inquadratura, pignoleria da regista 😁 Il monologo “suicidio commerciale” lo trovo affascinante, niente ti distrae dall’ascolto, come anche la “poesia visiva”, che mi pare curatissima anche per la scelta delle immagini al rallentatore con uno sfondo quasi inesistente, a chi osserva non può sfuggire alcun dettaglio.
    Grazie Kasa, davvero prezioso 💖🙏

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    1. Grazie moltissimo delle tue parole!
      Con te non ho bisogno di spiegare cosa significhi bilanciare un’inquadratura, perché fa parte proprio del DNA di un fotografo e come hai evidenziato anche tu nelle tue notazioni, Refn è un pignolo precisissimo.
      Sono davvero contento di non averti deluso, sul serio!
      Alla prossima e grazie ancora!

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