Tick, Tick… Boom!

Adoro venire sconfessato in modo plateale nelle mie errate convinzioni, specie quando sono io stesso ad accorgermi che le cose non stanno come avevo sempre pensato e questo è esattamente quello che mi è capitato recentemente con un genere cinematografico che avevo fino a pochi anni fa massimamente schifato ovvero il musical.

The Band Wagon – Spettacolo di varietà, USA, 1953, Regia di Vincente Minnelli

I segnali per farmi cambiare idea in realtà erano presenti davanti ai miei occhi da tempo, ma continuavano in qualche modo ad essere coperti da quella particolare distorsione cognitiva (o bias che dir si voglia) che ci spinge un po’ tutti per pigrizia intellettuale a giudicare positivamente o negativamente qualcosa (un cibo, un autore, un libro, un luogo, etc.) per via di esperienze passate, ma non più successivamente verificate e nel mio caso tali esperienze, che posso molto generosamente definire “formative”, sono state le visioni dei film che subivo da ragazzo di fronte alla Tv di Stato ed alle prime Tv Private: una marea di lungometraggi, rigorosamente dai colori sbiaditi, con la ridicola risoluzione video dei cinescopi catodici di allora ed un audio risibile spesso artefatto (in assenza di piste audio digitali, Rai e Mediaset, spesso infatti coprivano i rumori di fondo della colonna sonora quando inserivano le voci del doppiaggio italiano), per altro costituiti da infinite repliche degli stessi titoli, anno dopo anno, con una dittatura di palinsesto che per decenni ha tenuto ferma l’Italia al cinema del dopoguerra statunitense.

All About Eve – Eva contro Eva, USA, 1950, Regia di Joseph L. Mankiewicz,

Quando molti anni dopo, da studente universitario, scoprì la bellezza e la ricchezza delle cinematografie extra-europee ed extra-statunitensi, ne rimasi persino sorpreso e così accadde anche per il meraviglioso affollamento di generi e toni in cui mi imbattei allargando il mio orizzonte, restando quasi soffocato dalla straripante vastità in cui le storie si ibridavano tra di loro, creando categorie nuovissime, ma durante la mia prima giovinezza, per via di quella palese forma di neocolonialismo nordamericano culturale e distributivo che restringeva vergognosamente il mio immaginario personale, tutti i film mi apparivano divisi in poche semplicistiche categorie e dall’appartenenza ad una di esse io già sapevo, ancor prima di sedermi davanti allo schermo, che tipo di piacere o sofferenza avrei provato ed a quello mi predisponevo, in ogni caso subendo le scelte degli adulti (all’inizio dei miei genitori e poi, dopo la loro scomparsa, dei miei nonni) che in famiglia decidevano il palinsesto serale o pomeridiano dell’elettrodomestico ed ancor di più quello della sala cinematografica.

The Cameraman, USA, 1928, Regia di Edward Sedgwick

Probabilmente penserete che sia scontato, visto che ero un bambino, ma in quell’epoca ancora acerba del mio gusto critico i miei film preferiti in assoluto erano quelli Comici, dai maestri del lapstick del cinema muto in bianco e nero, come Buster Keaton, fino ai gioielli della comicità ebraico-americana alla Danny Kaye, Mel Brooks, Blake Edwards (solo più avanti arrivò la comprensione di Woody Allen e con lui dei suoi epigoni), ma gradivo moltissimo anche le commedie, più o meno sofisticate, con alcuni titoli che avevo quasi imparato a memoria a furia di vederli con la mia famiglia e che ancora oggi considero capolavori assoluti della settima arte (come quasi tutti quelli di Billy Wilder ed Howard Hawks).

Man’s Favorite Sport? – Lo sport preferito dall’uomo, USA, 1964, Regia di Howard Hawks

Rimanevo certamente sempre affascinato e rapito dalla Fantascienza, specie quella che con pochi effetti speciali ma con macchine e veicoli luccicanti e perfetti, che mi facevano sognare futuri asettici e civiltà immaginifiche, mentre al contrario restavo ogni volta con l’amaro in bocca di fronte ai Polizieschi (il vero noir è adulto, cinico ed amaro come un caffè senza zucchero), con quegli inseguimenti vecchio stile senza hype ed adrenalina e qualche scazzottata dove si sentivano solo i rumori delle suole delle scarpe sul pavimento, palesemente ricostruiti in studio, eppure per me sempre preferibili alle interminabili visioni dei Melodrammi strappalacrime, con le loro storie piene di gente sfortunata, che nel migliore dei casi erano di ascendenza drammaturgica teatrale (come quelli che Hollywood aveva tratto dalle pièce di autori come Tennessee Williams), ma che nel peggiore erano solo dei polpettoni insopportabili.

The Guns of Navarone – I cannoni di Navarone, USA, Regia di J. Lee Thompson

Comunque, anche nel più noioso dei casi, tutto questo guazzabuglio di visioni approssimative ed ancora troppo sbrigativamente criticate da parte mia, era solo una passeggiata nei confronti della mia personalissima nemesi ovvero i lungometraggi appartenenti alla terribile tripletta da me massimamente odiata: al terzo posto del mio disprezzo c’erano senza dubbio i film Bellici, giacché prima di conoscere film immensi come Apocalypse Now o The Thin Red Line, essi erano per me solo l’insopportabile genia dei titoli dove i nazisti facevano la parte dei cattivi cretini, incapaci di sparare o fare un buon piano di attacco e difesa, mentre i marines americani erano tutti eroi solitari che in gruppo rovesciavano una galassia e con un solo colpo di pistola uccidevano tre crucchi; al secondo posto si facevano largo i film Western ed oggi mi viene persino paura se ripenso a quanto sono stato cieco a suo tempo nel non accorgermi della grandiosità di questo genere, che più di qualsiasi altro incarna l’essenza stessa dell’industria cinematografica statunitense e provo adesso imbarazzo nel mio non aver subito colto la portata innovativa, nel senso di linguaggio filmico, che i grandi maestri di questo genere avevano portato alla settima arte; infine, al primissimo posto delle mie visioni più temute e dileggiate c’erano stabilmente i film Musicali, ahimè!

Singin’ in the Rain – Cantando sotto la pioggia, USA, 1952, Regia di Stanley Donen e Gene Kelly

Da bambino vedevo spesso sullo schermo questi uomini e queste donne, provetti ballerini come Gene Kelly e damerini imbiancati vestiti in smoking come Fred Astaire, cantare e ballare, con a fianco donne sorridenti e dalle gonne svolazzanti, senza che io riuscissi a comprendere nemmeno una parola di quello che dicevano, tranne nei casi in cui le canzoni composte nel musical originale erano state riscritte e ricantate da artisti italiani, qualche volta anche con esiti di assoluta eleganza (come nel caso dell’adattamento a suo tempo fatto dal paroliere Antonio Amurri per la voce di Tina Centi, delle canzoni scritte da Richard Rodgers e musicate da Oscar Hammerstein II, per il monumentale The Sound of Music, in Italia distribuito con il titolo più parrocchiale di Tutti insieme appassionatamente), ma per lo più con quel provincialismo paternalistico che considerava il pubblico italiano una platea di bambini ignoranti e così mi annoiavo mortalmente, seguendo quelle trame dalla banalità allucinante in cui la vicenda veniva cantata invece che mostrata: ci vollero decenni per ridarmi la vista e la consapevolezza, ma un bel giorno sopraggiunse finalmente la mia maturità e la mia indipendenza culturale ed allora mi accorsi, in una vera epifania artistica, del reale valore di alcuni gioielli preziosissimi disseminati in mezzo ai musical, tanto che alcuni di essi entrarono persino a fare parte della mia formazione spirituale.

Jesus Christ Superstar, USA, 1973, Regia di Norman Jewison

Prima ancora di aver realmente cambiato il mio stupido giudizio negativo aprioristico dell’intero genere musicale (perseverando in quel fastidiosissimo atteggiamento di negazione dell’evidenza che hanno gli imbecilli testardi quando, anche di fronte a prove conclamate, amano ripetere «Si, ma…»), già avevo cominciato comunque ad accogliere, come meraviglie incredibili, alcune pellicole non casualmente ritenute unanimemente capisaldi della Storia del Cinema, quali Singin’ in the Rain – Cantando sotto la pioggia (a mio modesto giudizio, tra i primi 20 lungometraggi più importanti mai realizzati negli States) o anche opere di epoche successive, rivoluzionare e davvero innovative, come i prodigi degli anni ‘70 Jesus Christ Superstar, di quel maestro di cinema di Norman “Rollerball” Jewison ed Hair, di sua maestà della sincronizzazione musicale e scenica Miloš “Qualcuno volò sul nido del cuculo” Forman.

Hair, USA, 1979, Regia di Miloš Forman

Insomma, tutto mi stava indicando che avevo sbagliato nel mio giudizio tranchant e la strada per la comprensione era stata tracciata, ma io continuai ugualmente per altri anni a fare orecchie da mercante, persino burlandomi di chi amava quel genere, finché un giorno sbattei con tutta la faccia contro quello che sarebbe poi divenuto uno dei miei film preferiti di sempre, un lungometraggio che mi cambiò letteralmente la vita e che mi aprì in un sol colpo gli occhi sulla musica, sulla danza e su come queste due cose potessero sposarsi assieme per raccontare una storia e trasmettere idee ed emozioni, in un prodigio di tecnica cinematografica: quel film era All That Jazz, uno dei due prestigiosi punti di riferimento per la meravigliosa, imperdibile, emozionante pellicola a cui è dedicata questa mia recensione.

All That Jazz, USA, 1979, Regia di Bob Fosse

Con la sceneggiatura e la regia di Bob Fosse, geniale e premiatissimo coreografo di Broadway, nonché apprezzatissimo autore di cinema (basti pensare anche solo a Cabaret del 1972, con Liza Minelli, tratto dallo spettacolo teatrale del 1966), questo film del 1979, che non casualmente vinse ben 4 Oscar tecnici e persino la Palma d’Oro al Festival di Cannes del 1980 ex-aequo con Kagemusha di Kurosawa, ha una sua essenza profondamente autobiografica e meta-narrativa, raccontando del percorso umano e professionale che porta un libertino e scapestrato coreografo di Broadway a mettere in scena uno spettacolo teatrale particolarmente trasgressivo e questo mentre come uomo combatte contemporaneamente con le crisi familiari, dovute alla sua infedeltà seriale e con le crisi cardiache dovute alla vita dissoluta a base di alcol, sesso e tabagismo.

La La Land, USA, 2016, Regia di Damien Chazelle

Il secondo punto di riferimento a cui voglio appoggiarmi è senza dubbio lo stupendo ed incredibilmente ricco, cinematograficamente parlando, La La Land, vera e propria summa storica del musical ed atto d’amore verso il genere stesso, nonché omaggio viscerale al jazz, quest’ultimo spiegato come mai prima al grande pubblico: in una narrazione romantica e drammatica, a cui viene tolto il facile sorriso stereotipato dei vecchi film, sostituendolo con il disincanto dell’età dell’incertezza, i due divi Ryan Gosling ed Emma Stone recitano, cantano e ballano come non ci si sarebbe mai aspettato da loro, diretti dalla mano scrupolosa di un cineasta come il talentuosissimo Damien Chazelle, palesemente ipnotizzato dalla musica, sua personalissima fonte di ispirazione anche per il precedente stupendo Whiplash, nonché persino per uno degli script da esordiente come quello per lo sbilenco ed imperfetto Grand Piano.

Tick, Tick… Boom!Andrew Garfield (Jonathan Larson)

Anche grazie alle visioni di tutti i campioni filmici citati in questo post e dopo tutti questi anni passati a scappare da un amore trascinante a cui mi negavo ostinatamente, il mio animo si è infine completamente aperto al musical, arrivando ad accogliere a volte anche produzioni di dubbia qualità ma grande appeal (come il caciarone The Greatest Showman, con Hugh Jackman ed un gruppetto di star come Zendaya, per una storia di inclusività invero un po’ posticcia) o gli esperimenti televisivi (più ironici che concreti) visti in serial contemporanei come Lucifer, per non parlare poi dei cartoni animati Disney, ancora oggi legati a fil doppio alle canzoni ballate e raccontate nei suoi lungometraggi d’animazione (ehi, a proposito, non fate l’errore di perdervi quel gioiello di Encanto, diretto l’anno scorso dalla coppia Byron Howard e Jared Bush!), tuttavia nulla mi aveva davvero preparato alla meraviglia assoluta di Tick, Tick… Boom!, disponibile sulla piattaforma Netflix già negli ultimi giorni del 2021 ed oggetto di questa mia lunghissima digressione.

Tick, Tick… Boom!Alexandra Shipp (Susan)

Scritto dal librettista e commediografo statunitense Steven Levenson e diretto dal poliedrico uomo di spettacolo (attore, compositore, paroliere, regista, cantante, rapper) Lin-Manuel Miranda (l’artista che nel 2008 scrisse e diresse il musical di Broadway In the Heights, dal quale Jon M. Chu nel 2021 ha tratto l’ottima omonima pellicola musicale), quest’opera è un omaggio, appassionato e storiograficamente impeccabile, fatto a Jonathan Larson, uno dei più grandi artefici del moderno musical statunitense, un giovane artista scomparso prematuramente, ma che nei suoi pochi anni come commediografo di successo riuscì ugualmente a lasciare un segno indelebile nel mondo dello spettacolo statunitense.

Hacksaw Ridge, USA, 2016, Regia di Mel Gibson

Sopra di ogni altra cosa, questo film è però soprattutto esso stesso un bellissimo ed esaltante musical, con canzoni e musiche scritte dallo stesso Larson, ma cantato, ballato ed interpretato da uno dei migliori attori e performer in circolazione ossia Andrew Garfield: lui è la cifra che ha trasformato questo da film semplicemente molto bello in capolavoro, superando le già pazzesche prove recitative che aveva regalato a tutti noi spettatori in tante importanti pellicole, come quando ci aveva tutti affascinato nei panni di Eduardo Saverin, l’ex-socio di Mark Zuckerberg nell’obliquo The Social Network di David Fincher oppure quando ci aveva trascinato nella sofferenza e nell’orrore della guerra nei panni dell’eroe senza peccato e senza paura del certamente retorico ma anche magniloquente Hacksaw Ridge di Mel Gibson o ancora scuotendo le nostre coscienze nel difficilissimo ed intimo ruolo avuto nel poco indulgente verso il grande pubblico Silence di Martin Scorsese.

Silence, USA, 2016, Regia di Martin Scorsese

Accompagnato da un cast di artisti sobrio e di sostanza, composto da uomini e donne di spettacolo davvero straordinari, quali la cantante Vanessa Anne Hudgens, della cui voce e presenza non potrete non innamorarvi, ma anche di comprimari di grande effetto e sincerità interpretativa, Garfield ci prende per mano, conducendoci lungo il doppio binario su cui scorre questo film: da un lato quello intimo e personalissimo dello spirito indomito di un artista vulcanico in cerca di conferme, mentre dall’altro quello dell’ambiente metropolitano newyorkese in cui vediamo crescere e manifestarsi il talento di commediografo di Jonathan Larson, caratterizzato sullo sfondo dalla toccante raffigurazione di quella strage di giovani talenti ed anime impreparate che l’Aids stroncò negli anni ‘80, mentre l’America reaganiana sottovalutava la vastità e la portata della minaccia (cinematograficamente strizzando l’occhio all’opera di riferimento in questo senso ovvero il film per la televisione The Normal Heart, prodotto da HBO e diretto da Ryan Murphy nel 2014, su soggetto e sceneggiatura del saggista ed attivista Larry Kramer).

Tick, Tick… Boom!Robin de Jesús (Michael), Ben Levi Ross (Freddy), Michaela Jaé Rodriguez (Carolyn)

Malgrado fosse sera tardi, appena ebbi finita la mia prima visione di Tick, Tick… Boom!, dopo che l’ultimo dei titoli di coda era scorso via e con esso le immagini d’epoca del vero Jonathan Larson inserite nella sigla, non sono riuscito a frenarmi dal riguardarmi di nuovo alcuni momenti salienti del film, assaporando un’altra volta ancora le esecuzioni magnifiche della Hudgens e dello stesso Garfield, correndo all’impazzata con lui dentro Central Park o nuotando rabbiosamente nella piscina in cui gli nasce infine l’ispirazione che cercava e commuovendomi di nuovo con tutti loro.

Tick, Tick… Boom!Vanessa Hudgens (Karessa Johnson)

Anche in questo caso, mi piace lasciarvi con una clip da me preparata per mostrarvi, in un segmento di 4 minuti e 42 secondi del film, sia lo stile registico di Lin-Manuel Miranda, molto efficace nel ritrarre la quotidianità e le frequentazioni della tavola calda Moondance, a New York nella zona di Soho, dove il nostro commediografo lavorava realmente negli anni ‘80, sia l’indimenticabile modo di pensare e scrivere un musical che aveva Larson: il caos controllato e lo stress lavorativo ed umano, che lui ed i suoi colleghi affrontavano nel servire il brunch della Domenica mattina, è stato infatti elaborato in poesia e musica dal nostro artista proprio mentre stava accadendo e così noi possiamo bearci della realtà che sfuma nella finzione dello spettacolo teatrale, con le pareti che si abbattono per aprirsi alla vita reale, il tutto in una scena tra le più belle del film, quella che l’artista di teatro e performer Carlo Alberto Montori ha definito «la scena “Avengers Assembled!” del mondo musical».

Se non avete mai osteggiato il genere musical, come invece avevo fatto io da ragazzo, ma se anzi lo avete sempre accolto con simpatia nelle vostre scelte di visione, allora Tick, Tick… Boom! sarà per voi un graditissimo regalo, ma se per caso siete ancora incastrati in un rifiuto aprioristico verso tutti i film musicali, vi prego di poter fare la pace almeno per una sera con quel demone che vi impedisce di godere di tante bellissime opere e regalatevi l’emozionante viaggio nel cuore di quell’impagabile artista che fu Jonathan Larson.

Buona visione e Buona serata!


In questo post, sono stati citati i seguenti musical essenziali:

Singin’ in the Rain – Cantando sotto la pioggia, USA, 1952
Soggetto: Adolph Green e Betty Comden
Sceneggiatura: Adolph Green e Betty Comden
Regia: Stanley Donen e Gene Kelly
Musiche e Canzoni: Arthur Freed e Nacio Herb Brown

The Sound of Music – Tutti Insieme Appassionatamente, USA, 1965
Soggetto: Howard Lindsay e Russel Crouse
Sceneggiatura: Oliver Smith
Regia: Vincent J. Donehue
Musiche: Richard Rodgers
Testi: Oscar Hammerstein II

Jesus Christ Superstar, USA, 1973
Soggetto: Tim Rice e Andrew Lloyd Webber
Sceneggiatura: Melvyn Bragg e Norman Jewison
Regia: Norman Jewison
Musiche e Canzoni: Andrew Lloyd Webber

Hair, USA, 1979
Soggetto: Gerome Ragni e James Rado
Sceneggiatura: Michael Weller
Regia: Miloš Forman
Musiche e Canzoni: Galt MacDermot

All That Jazz, USA, 1979
Soggetto: Robert Alan Aurthur e Bob Fosse
Sceneggiatura: Robert Alan Aurthur e Bob Fosse
Regia: Bob Fosse
Musiche e Canzoni: Ralph Burns

La La Land, USA, 2016
Soggetto: Damien Chazelle
Sceneggiatura: Damien Chazelle
Regia: Damien Chazelle
Musiche e Canzoni: Justin Hurwitz

Tick, Tick… Boom!, USA, 2016
Soggetto: dal musical di Jonathan Larson
Sceneggiatura: Steven Levenson
Regia: Lin-Manuel Miranda
Musiche e Canzoni: Jonathan Larson


Categorie Cinema e Tv, Film, Good Cinema Vision from Kasabake

70 pensieri riguardo “Tick, Tick… Boom!

  1. La musica era molto contrariata, davvero non riusciva a capire come funzionasse la testa umana! A volte c’era chi la strapazzava e produceva cose alquanto discutibili eppure veniva osannato da quegli umani che andavano in delirio. Altre volte dolcissime meravigliose melodie venivano snobbate nella quasi totale indifferenza, un atteggiamento insopportabile che non poteva più tollerare. Prese così un’importante decisione: avrebbe vissuto tra gli umani così avrebbe potuto capire!

    Nacque così Jonathan Larson, l’alter ego della musica.

    Jonathan visse la sua vita in maniera normale, la sua propensione per la musica fu da subito evidente ma niente di eclatante perché la musica cercava di imparare quanto più poteva dagli umani e dalla loro vita rimanendo quasi in disparte. Crescendo Jonathan diventò un ragazzo come tanti, lavorava in una tavola calda ed anche nei momenti più caotici riusciva a tramutare il tutto in musica, era disordinato, inconcludente rispetto a tante cose, esuberante quando lasciava che la musica prendesse il sopravvento, ansioso, nervoso e timido nei rapporti con l’altro sesso. La dialettica non era di certo una sua qualità, non riusciva a trovare le parole giuste al momento giusto, cosa invece che gli risultava semplice quando si lasciava andare alla musica, le parole uscivano come d’incanto fondendosi con le note in maniera sublime fino a raggiungere l’apoteosi.

    Jonathan non parlava mai nella sua musica di cose astratte, ma di lui, dell’amicizia, dell’amore, della sua vita e dei problemi attuali come l’Aids, l’omosessualità e tanti altri, eppure tutto si fondeva con le note in maniera sublime, sia che fosse amore o gioia, ma ancora di più quando era dolore e tristezza.

    Eppure, ancora una volta la gente non capiva, non apprezzava abbastanza, non gli tributava il successo che meritava lasciandolo barcamenarsi nel quotidiano vivere.

    Ogni tanto lo sconforto aveva il sopravvento e pensava di lasciare tutto, ma la musica vinceva sempre e lui insisteva e continuava a scrivere parole e musica perché era la sua stessa vita e non poteva farne a meno.

    Finalmente arrivò anche un po’ di riconoscimento e mai titolo fu più appropriato: Tick tick Boom!

    Ora poteva lasciarsi andare ed esprimersi nel suo modo migliore, nella musica, ma la gioia, l’angoscia per la paura di non venire capito, la frenesia di terminare il nuovo lavoro il prima il possibile, la sua inguaribile malinconia e la sua fragilità furono troppo per lui e proprio prima di poter raggiungere finalmente il meritato successo, crollò.

    La musica, incredula e addolorata, abbandonò quel corpo umano ormai senza vita che non era stato solo un contenitore ma che aveva fatto di lei la sua vita, seppur breve, combattendo contro tutto e contro tutti a costo di immense rinunce. Così gli fece una promessa, che avrebbe fatto in modo far conoscere il suo mondo a tutti e che tutti si sarebbero ricordati di lui per sempre.

    La sua missione era finita, ancora non aveva capito gli umani e forse non ci sarebbe mai riuscita, però ora gli si era affezionata.

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    1. Questo tuo non è assolutamente un semplice commento, ma un vero e proprio contributo editoriale, degno di una rivista online, che allarga ed approfondisce il mio post!!!

      Per chi leggesse questa mia risposta, si sappia che Silvia ha visto anche lei il film e le sue bellissime parole non sono piaggeria nei miei confronti o dell’oggetto del mio pezzo, ma sono scaturite dal suo stesso apprezzamento sentito per il film ed ora sto davvero riflettendo se inserire tutto questo ben di Dio in prosa dentro il mio post, come degnissima appendice…

      Insomma, Silvia, hai di fatto scritto un vero elzeviro giornalistico su Larson comunicando l’essenza della sua arte ed il suo travagliato e trascinante rapporto con la musica (quel mondo circoscritto dal pentagramma che metaforicamente nel film il nostro artista vede sul fondo della piscina, in una delle scene più evocative registicamente parlando).

      Grazie di quanto hai scritto, amica mia e grazie di averlo condiviso con tutti: vale davvero molto!

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      1. grazie sei sempre troppo gentile 😉

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    2. Lo sto rileggendo ancora una volta ed ogni volta trovo un motivo in più per amare quanto hai scritto, che ora mi appare più chiaramente: non un commento, non un racconto o una fiaba dettata dall’emozione, ma una canzone, anzi il testo di un pezzo musicale, come uno di quelli che scrisse Larson per Rent, che tu, Silvia, hai scritto in un momento di grazia e sul quale dovresti riflettere… Affinché si ripeta.

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      1. L’ho scritto di getto dopo aver visto il film che, ripeto, ho trovato bellissimo, emozionante, coinvolgente, in alcuni tratti divertente ma anche molto tenero e drammatico.
        Grazie davvero, lo sai che tengo molto al tuo parere 😉

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  2. Me lo segno. Da bambino guardavo in tv i musical storici. Sette spose per sette fratelli. Tutti assieme appassionatamente. Eccetera

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    1. Questo è un film che è allora impossibile che non ti piaccia, sul serio!

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  3. ©️𝑃𝑎𝑜𝑙𝑎𝑃𝑖𝑜𝑙𝑒𝑡𝑡𝑖❃ 29 Gen 2022 — 18:36

    Che post stupendo! I musical non sono la mia passione, o meglio non mi entrano proprio nelle orecchie ma il percorso che ci hai offerto mi ha ricordato una filmografia importante. Non posso contribuire al tuo post come meriterebbe perché non essendo nelle mie corde, non ne sento le vibrazioni ma…come sempre il viaggio ha funzionato! Grande Kasabake!

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    1. Io ti ringrazio di cuore e sappi che, come hai appunto letto nel mio post, visti i miei trascorsi, io più di altri posso capire benissimo la tua ritrosia ma ti assicuro che in questo film si respira così tanta bella arte che resteresti sorpresa da te stessa per ritrovarti ammaliata…
      Tuttavia per me vale infinitamente di più il tuo apprezzamento per le mie parole che non certo convincerti verso qualcosa che non ti attira!!

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      1. ©️𝑃𝑎𝑜𝑙𝑎𝑃𝑖𝑜𝑙𝑒𝑡𝑡𝑖❃ 29 Gen 2022 — 18:56

        Lo guarderò con quegli occhi che dici tu…

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        1. Se lo farai sarò curiosissimo di sapere poi il tuo pensiero!

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  4. Fantastico post!!! Un vero viaggio ricco di emozioni immersa nei bellissimi film che grazie a te ho potuto conoscere!!! Grazie di cuore!!! 🥰 Buona e bellissima serata!! 🥰

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    1. Grazie a te, carissima! E se puoi, fatti il regalo di guardarlo!

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  5. Come sempre un bel e ricco articolo, i musical non sono proprio il mio genere preferito, ma devo ammettere che questa tua ultima recensione mi ha molto appassionata, direi che lo terrò a mente come film e cercherò di procurarmelo!!! Per tutti gli altri che hai menzionato ebbene si, ti stupirò con effetti speciali, ho visto “La La Land e devo ammettere che mi era piaciuto!!! Tutti gli altri che hai menzionato non li conosco e il tragico è che non ne conoscevo neanche per sentito dire ma, grazie a te, come ogni qualvolta coi tuoi post, mi arrichisco e questo non finirò mai di dirtelo. Grazie infinite 🥀 e buona serata 😊

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    1. Grazie a te, sempre, perché mi regali complimenti bellissimi e carezze e sorrisi e tante parole che scaldano il cuore… Detto in un linguaggio terra terra, è una figata leggere un tuo commento!!
      Buona serata!

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      1. Ahahah fortissimo questo tuo terra a a terra e comunque dico e scrivo sempre ciò che penso 😉

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  6. Il tuo post è davvero una lettura che vale la pena fare.
    Mi spiace commentare dicendo che io provo una vera repulsione per il genere musical. Capisco che si possa avere una redenzione, ma nel mio caso la vedo dura.
    🙂
    Mia moglie vede molti più film di me (io seguo davvero poco…) chiederò anche a lei un parere su Tick, Tick… Boom!

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    1. Anzitutto grazie per l’incipit del tuo commento, perché già solo con quella tua frase ti sei guadagnato la mia completa gratitudine!!!
      Poi, sul tuo giudizio tranchant sui musical, non posso che replicare quanto ho risposto anche a Paola ed ovvero che capisco benissimo anch’io la tua ripulsa perché fino a pochissimo tempo fa, come ho anche scritto nel post, io provavo un totale disprezzo per quel genere e questo finché non sbattei la faccia contro alcuni capolavori che mi hanno fatto radicalmente cambiate idea…
      Chissà, magari potrebbe capitare anche te… Oppure no ed andrà bene lo stesso!

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      1. Il mio non è disprezzo, sia chiaro.
        Come i generi musicali: alcuni li adoro, altri no. Ma non è che li disprezzi.
        Non mi piacciono i musical, i film musicali, le opere teatrali cantate… non so come mai, ma io cerco nei film una trasposizione della realtà, e così come non mi piace la fantascienza, allo stesso modo non riconosco ai musical una attinenza al mondo vissuto.

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        1. Ah, ma guarda che sei in ottima compagnia perché tantissimo la pensano come te… Eppure, penso che se passassimo una serata assieme davanti una moviola in un cineclub, ti strapperei una diversa opnione!
          Scherzi a parte, i gusti son gusti!

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  7. Di Billy Wilder ho visto 2 film: La fiamma del peccato e Viale del tramonto. Entrambi erano assolutamente imperdibili per me: non tanto per la loro fama, quanto piuttosto perché appartengono a 2 generi che adoro (il noir e il cinema nel cinema). La fiamma del peccato mi è piaciuto ma non mi è rimasto affatto impresso, non riesco a richiamarne alla mente neanche una scena e non ricordo quasi nulla neanche della trama; Viale del tramonto invece è un capolavoro assoluto, e me lo ricordo perfettamente come se l’avessi visto ieri. Invece sono passati quasi 5 anni: posso dirtelo con questa esattezza perché a fine 2017 vidi uno dietro l’altro tanti ottimi film, e uno di essi era proprio Viale del tramonto.
    Sono molto più ferrato invece riguardo a Tennessee Williams. Lo scoprii alle superiori, quando una mia professoressa ci portò a vedere una rappresentazione teatrale de Lo zoo di vetro. E’ stata l’unica volta in cui mi sono divertito a teatro, e da allora mi è venuta voglia di guardare anche i film tratti dalle sue sceneggiature. Ne ho scoperti alcuni bellissimi (La dolce ala della giovinezza), altri sopravvalutati (La gatta sul tetto che scotta, Un tram che si chiama desiderio), altri ancora semplicemente brutti (Baby Doll): davvero non capisco come mai La dolce ala della giovinezza sia caduto nel dimenticatoio e La gatta sul tetto che scotta sia diventato un cult, perché a mio giudizio doveva accadere l’esatto opposto.
    Non devi provare imbarazzo nello scrivere che ti facevano schifo i western: io stesso, pur essendo un fan del genere, trovo che molti di essi siano inguardabili. Non tanto per la loro risibile qualità tecnica (nel cinema come nella vita bado alla sostanza, quindi se la storia è buona chiudo un occhio sul resto), ma perché in molti western la sceneggiatura non è altro che una raccolta di cliché già visti mille volte, il cui sviluppo è ampiamente prevedibile dalla prima all’ultima scena. Non a caso gli unici western a cui do una chance sono quelli che smentiscono qualcuno di questi cliché: ad esempio quelli in cui gli indiani non sono tutti brutti e cattivi, oppure quelli in cui c’è almeno un personaggio femminile non puramente decorativo. Tra l’altro molti credono che solo negli anni 70 sia iniziata la fase revisionista del western in cui gli indiani hanno cominciato a venire presentati anche in chiave positiva, quando invece c’erano stati dei precedenti fin dagli anni 50: di norma in quei vecchi western il protagonista era un bianco che si innamorava di un’indiana, e così arrivava a capire che forse i pellerossa non erano tutti dei selvaggi sanguinari. Solo vent’anni dopo questo ragionamento sarebbe stato portato alle estreme conseguenze, arrivando a fare dei film in cui i selvaggi sanguinari erano addirittura i bianchi.
    Riguardo a Cabaret, ricordo di aver letto su imdb che la sua sconfitta nella corsa all’Oscar per il miglior film fu un’enorme sorpresa. Non tanto perché venisse ritenuto più bello dell’effettivo vincitore (sfido chiunque a dire che Cabaret è più bello de Il padrino!), ma perché all’epoca i film di mafia venivano assimilati ai gangster movies, e quindi venivano considerati cinema di genere, impossibile da far piacere alla critica con la puzza sotto il naso. Il padrino ebbe il merito di strappare ai film di mafia quest’etichetta immeritata, e di strapparla in modo definitivo (infatti dopo sono stati molti i film di mafia premiati con l’Oscar).
    Riguardo a La La Land, è vero che rompe con la tradizione del musical gaio e gioioso, ma a mio giudizio rompe in maniera fin troppo netta, nel senso che è davvero troppo inutilmente depresso. Tra l’altro attorno a questo film fu montata una campagna di marketing che andava ben oltre i limiti della pubblicità ingannevole, perché tutto lasciava volutamente presupporre che si trattasse appunto di un musical gaio e gioioso, e una volta arrivati in sala gli spettatori si sono accorti che invece soltanto la prima mezz’ora era così: tutto il resto era un drammone pesantissimo su una coppia in crisi. Io davanti a questa truffa mi sono sentito raggirato, tanti altri invece l’hanno apprezzato lo stesso: forse perché non volevano ammettere neanche a loro stessi di averlo preso in quel posto.
    Riguardo a tick, tick, … BOOM!, come sai ho adorato l’altro film sceneggiato da Lin – Manuel Miranda (Sognando a New York – In the Heights), quindi ti puoi immaginare con quanta foga io aspettassi di vederlo. Nonostante ciò, l’ho mollato dopo neanche 5 minuti: la voce fuori campo ci avverte fin dall’inizio che stiamo per vedere un film su un uomo che è morto giovane, e davanti a una scelta artistica così doppiamente cretina (perché spoilera il finale e mette subito tristezza allo spettatore) non ho potuto far altro che spegnere immediatamente il televisore.
    Del post che gli hai dedicato mi ha colpito in particolare il riferimento al Moondance, perché anche la mia serie tv preferita (Beverly Hills 90210) aveva tante scene significative ambientate in una tavola calda, il Peach Pit: in pratica era una delle 3 ambientazioni principali (le altre 2 erano la scuola e la casa in cui abitavano Brandon e Brenda Walsh). Adoravo quando i personaggi della serie entravano in quella tavola calda, perché lo usavano come una sorta di confessionale, in cui potevano confidarsi tra di loro, confrontarsi sui loro problemi e consigliarsi a vicenda: in pratica era il luogo dove tutti loro scoprivano il senso della vera amicizia. E poi il gestore del Peach Pit era una sorta di vecchio saggio che faceva da nonno a tutti loro, e quindi era un personaggio davvero adorabile.
    P.S.: In verità mi è capitato anche un’altra volta di divertirmi a teatro: è successo quando andai a vedere lo spettacolo “L’ora di ricevimento”, con protagonista Fabrizio Bentivoglio. L’attore in questione pronunciava delle battute divertentissime rimanendo perfettamente serio, nella consapevolezza che questo amplifica l’effetto comico: sembra facile a dirsi, ma ci vuole un grande talento a recitare in questo modo, perché presto o tardi a quasi tutti gli attori scappa da ridere o quantomeno da sorridere, soprattutto quando hanno intorno un pubblico che si sta scompisciando dalle risate. Lui invece riuscì a rimanere serio dal primo all’ultimo minuto, e a tenere la scena da autentico mattatore (perché gli altri personaggi sono pochi e appaiono solo per pochi minuti). Nessuno stupore che abbia vinto tanti David di Donatello, e che adesso stia vivendo una seconda giovinezza nella serie tv “Le avventure di Carlo Monterossi”: è davvero un attore straordinario.

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    1. Ogni tanto mi lasciano davvero perplesso alcuni tuoi giudizi a mio avviso troppo assolutisti, ma fino ad ora ho sempre soprasseduto, ma non questa volta: se tu hai ricavato una certa impressione (come nel caso in cui ti sei sentito imbrogliato da una campagna di marketing a tuo avviso creata per fare pensare che il film La La Land fosse allegro quando non lo era, per altro opinione discutibile perché io ad esempio non vidi il film con quell’idea) questo non significa necessariamente che debba essere stato così per tutti.
      Ad esempio, io reputo quella pellicola un piccolo grande gioiello, perfettamente in sintonia con il tipo di poetica di Chazelle e l’emozione sincera che ho provato in tantissime scene del film non era certo dovuta ad un mio voler nascondere che io mi sentissi truffato e volessi fingere non fosse così per non ammettere di essere stato preso per i fondelli, anzi, niente di più falso!
      Mi dispiace che tu ti sia sentito così ma questo tuo disappunto non lo fa diventare un fatto o una verità ed anzi mi infastidisce che qualcuno possa pensare che il mio apprezzamento per quel film possa essere dovuto ad una volontà di mascherare una fregatura subita.
      Sono inoltre molto stupito che tu, persona che da sempre reputo molto attento ed intelligente, non possa aver gradito sequenze oggettivamente splendide come quella del provino con il brano “The Fools Who Dream”, vero omaggio agli artisti ed all’arte in genere o il finale della storia, che riassume tutta la vicenda in una versione favolistica per poi tornare alla realtà, ma non per questo ti direi mai che tu non sia sincero in questo.
      Insomma, sono questioni di gusti e lo rispetto se tu la pensi diversamente da me, ma dissento quando parli come se ciò che tu hai percepito non sia solo un’opinione ma una verità assoluta, tanto che ciò che percepiscono gli altri sia automaticamente una menzogna o un errore.
      Stesso discorso quando hai sputato con eccessiva aggressività su un film come quello che ho recensito qui (tra l’altro immaginando bene che io la pensassi come minimo all’opposto da te, altrimenti perché ci avrei scritto un post?), facendo fare la figura dei cretini o degli snob accecati dalla critica coloro che come me lo avevano apprezzato e tutto questo, delirio del delirio, non perché tu giudicassi quel film brutto o mal recitato o mal diretto o mal scritto, no, ma solo perché era dedicato ad una persona morta!
      Cavoli, anche questo è cinema! Non puoi definire una scelta cretina che la voce fuori campo ti annunci che il protagonista di una storia vera sia morto! Ci saranno tonnellate di film e di fiction che iniziano così… Non penserai davvero che siano tutti cretini e tu l’unico furbo che si accorge che così facendo una parte del pubblico ci potrebbe restare male?
      Beh, francamente mi sembra una visione davvero miope e riduttiva e soprattutto così personale che elevarla a metro di giudizio universale come hai fatto tu lo trovo inspiegabilmente violento: dovresti a mio avviso riflettere che quando spari a zero senza alcuna ironia su cose che gli altri hanno amato o apprezzato molto, solo perché a te non sono piaciute, qualcuno può anche sentirsi offeso ed a me questa sera è capitato.
      Qui non si parla di ciò che piace di più a me o a te, ma del fatto che secondo te se un film è fatto in un modo diverso da come tu vorresti che fosse allora per te è sbagliato (come un musical che non fa solo ridere o essere spensierati) e così dovesse essere per tutti.
      Sorpresa, non è così: per me La la land è uno dei migliori musical che io abbia mai visto e se ti ti sei sentito preso in giro è solo un problema tuo con cui dovrai fare i conti e non una verità assoluta e lo stesso vale per Tick, Tick… Boom, per me un grande musical, pieno di emozioni, dj passioni, di amore, di musica e persino di vita, anche nel suo omaggiare un artista morto prematuramente: tu la pensi diversamente, pace, ma il tuo giudizio vale quanto il mio, di certo non di più ed io non vengo a casa tua a sputare suoi tuoi giudizi, quindi non farlo per favore nemmeno tu.
      Potevo tacere ed abbozzare, ma a mio modesto giudizio questa volta hai esagerato nel non tenere a freno un ego forse troppo esagerato ed ho quindi scelto di risponderti in sincerità, anche se non mi ha fatto piacere.

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      1. Sono consapevole di avere un ego esagerato, ma a mio giudizio non è per questo che ho scritto un commento così tranchant. Se ho agito in questo modo è stato perché quando parlo con un amico mi esprimo con una certa libertà e sincerità, nella convinzione che (proprio per l’amicizia che ci unisce) non ci sia bisogno di edulcorare i giudizi o nascondersi dietro degli eufemismi. Non avevo tenuto di conto che invece anche tra amici ci possono essere delle situazioni in cui si pone questa necessità: ad esempio, se uno dei 2 ha gradito molto un film, si potrebbe sentire offeso nel sentire l’altro che lo stronca, sia perché è affezionato al film in sé, sia perché questa potrebbe suonare come un’implicita critica al suo buon gusto. In ciò che ho scritto non c’era assolutamente questo sottinteso, ma capisco che tu possa avercelo visto.
        Inoltre, quando questa situazione mi è capitata a parti invertite (ovvero io che avevo amato un film e l’altro che l’aveva trovato insopportabile) mi ero perfino divertito nel leggere o ascoltare le sue critiche, ma anche qui avrei dovuto tenere di conto che non tutti abbiamo la stessa sensibilità, e quindi non tutti reagiamo allo stesso modo.
        Come hai detto tu, un altro aspetto che non ho considerato è la regola della netiquette per cui non bisogna mai scrivere sotto a un post un commento troppo divergente dall’opinione di chi l’ha scritto, perché è un po’ come entrare in casa d’altri e mettersi a criticare i quadri o l’arredamento.
        Faccio un lavoro basato sulla comunicazione, quindi dovrei saperci fare con le parole, e saper prevedere in anticipo le conseguenze di ciò che dico: invece mi è capitato più volte di pronunciare o scrivere delle parole che ai miei occhi erano perfettamente innocue, e soltanto dalle successive reazioni altrui ho capito che invece avevo detto delle grandissime bestialità, mettendo in imbarazzo o facendo infuriare tutti coloro che mi stavano intorno. E’ successo anche stavolta, e anche stavolta mi sono accorto solo a frittata fatta di aver sbagliato. Non posso far altro che scusarmi: se l’ho fatto con un messaggio così lungo è stato per farti capire che mi scuso perché ho compreso i miei errori, non perché voglio solo placare la tua ira.
        Per quanto mi riguarda non ti serbo rancore (sarebbe paradossale, dato che l’offeso sei tu), la nostra amicizia è intatta e non ci saranno ulteriori strascichi: spero che la pensi così anche tu.

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        1. Non voglio dilungarmi con un giro di parole che suonerebbe posticcio ed ipocrita quanto un nostro parlamentare impegnato solo nel preservare lo status quo della sua poltrona, ma mi impongo di limitarmi a farti i miei complimenti come persona, come figura pubblica (un blogger con il tuo seguito lo è) e senza dubbio come amico: le tue parole, che hai scelto di non scrivere in privato ma alla luce del sole, hanno la forza della verità, la coerenza della sensatezza e la religiosità di un affetto sincero ed a tutto questo non posso non risponderti che con un abbraccio virtuale…
          Se ieri ero dispiaciuto, come ho scritto, di manifestare la mia rabbia per le tue parole, oggi ho invece il piacere di esprimerti la mia gioia, amico mio.
          Nulla è cambiato o forse si, ma in meglio, perché siamo entrambi cresciuti!
          Buona domenica!

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          1. Mi fa molto piacere che si sia risolto tutto. Grazie mille per i complimenti e per la risposta, e buona Domenica anche a te! 🙂

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  8. Caspita che articolo! Adoro i film, anche se i musical non è che mi attirano troppo, comunque sono curioso e cercherò di vedere il film citato nel titolo, sembra bello anche perchè non è solo musica dall’inizio alla fine, ma rappresenta una storia davvero bella e reale.
    Ciao, buona domenica 🖐

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    1. Grazie Emilio, soprattutto per l’apprezzamento che hai espresso, non già per il film, che ancora non hai visto, ma per il post da me scritto e che hai definito generosamente “articolo”, cosa che ovviamente è una medicina per la mia autostima…
      Quando l’argomento me lo concede, mi piace connotare le mie recensioni con elementi autobiografici, perché in realtà, aldilà di una bellezza oggettiva (sempre difficile da distinguere), ciò che spesso influenza i nostri gusti sono le esperienze personali, un po’ come quegli adulti che, avendo trascorso una lunghissima giovinezza tra le mura domestiche, magari abituati a mangiare piatti preparati dalle stesse persone per anni ed anni, quando si ritrovano a giudicare preparazioni culinarie fatte da altri e con altre cucine (ricette, gusti, uso delle spezie, delle cotture e delle consistenze) si sentono spaesati e finiscono per parametrare ogni loro giudizio sulla base della corrispondenza o meno con il palato che hanno fin lì costruito…
      Poi ogni tanto ci sono fregature reali, come nel caso anche a me capitato quando ho assaggiato quel prodotto per me incomprensibile della Vegemite di cui hai parlato nel tuo divertentissimo post dedicato alla prima colazione degli australiani, che hai pubblicato sul tuo blog un giorno fa: che gusto terribile!!! 😅😅😅

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  9. Ho letto la prima frase e per me è già standing ovation così!!!!
    Il musical è il mio genere preferito.
    Ok, ora leggo il resto.

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    1. Grazie di cuore!
      Come lèggerai nel resto del post, io ci invece un bel po’ a capire quanto fosse bello il genere musical, ma adesso è diventato parte di me e spero di avergli qui reso il dovuto omaggio!
      Grazie ancora!

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      1. Assolutamente sì!
        E ho trovato anche grandioso l’excursus su quella che è stata la storia “del cinema” di un po’ tutti noi spettatori.

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        1. Gongolo alle tue parole, arrossendo per l’imbarazzo ma assieme sfrontatamente felice per i complimenti!

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  10. Che recensione fantastica! E’ l’unico dei musical citati che non ho ancora visto, e penso che dovrò provvedere al più presto

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    1. Fantastico Luisa!!! Anche tu sei nel pregiatissimo club degli amanti deI musical, quindi!!
      Ne sono felice, sul serio: puoi tranquillamente anche a Silvia ed anche lei ti garantirà l’assoluta eccellenza di questo film… Da ammirare per la tecnica registica, da applaudire per l’ottima recitazione e per le capacità canora anche dei comprimari ed infine per le emozioni trascinanti che ti sostengono fino al titoli di coda…
      Grazie Luisa!

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      1. Grazie ancora: lo guarderò al più presto 🙏🎶🙏

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  11. Bel post, come sempre. A proposito di musical vorrei suggerire, per quanto non ne abbiano fatto un film e sia rimasto solo a Broadway (mentre io me lo sono visto a Londra), la creazione degli stessi autori di South Park chiamata “The book of Mormon”. Un po’ spinto, ma con un copione pieno di riferimenti pazzeschi e delle canzoni composte dallo stesso tizio che ha fatto la colonna sonora di Frozen… 9 Grammy si é beccato, se non sbaglio. Comunque in Italia non penso se ne potrà avere mai il piacere di apprezzarlo, dato il suo lato un po’ blasfemo, seppur ironico.

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    1. Tioly! Grazie moltissimo del tuo passaggio e del tuo apprezzamento!
      Non sapevo seguissi anche la scena musicale teatrale e questo ti rende nettamente più preparato di me sull’argomento, visto che io frequento solo gli adattamenti cinematografici dei musical, pertanto mi privo di una fetta mica da ridere…
      Ogni tanto vengo umiliato da quel Carlo Alberto Montori che ho citato nel post, mio vecchio cliente della fumetteria che gestivo ed ora entertainer a tutto tondo (cantautore, attore, comico, etc.), il quale periodicamente quando torna dai suoi viaggi mi affascina con i suoi resoconti teatrali per lo più londinesi…
      Lo spettacolo di cui parli, ad esempio, malgrado i riconoscimenti ricevuti non lo conoscevo affatto… Debbo rimediare, anche perché sono abbastanza sicuro di trovare qualche ripresa televisiva ufficiale online…
      Intanto grazie ancora!

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      1. Ahah, mi fai passare per un acculturato quando invece non lo sono (seppur mi piacerebbe sapere tutto di tutto!). Sicuramente sei piú preparato di me in materia e nel leggere che gestivi una fumetteria mi ritrovo a volerti ancora piú bene. Comunque sul “The book of Mormon” ho già provato a cercarlo ovunque, ma gli unici risultati trovari sono dei video da cellulare (con tutta la bassa qualità che ne deriva) ripresi durante gli spettacoli teatrali. Se ti puó interessare, peró, trovi tranquillamente la colonna sonora con i testi su YouTube, SoundCloud, ecc… e la storia si capisce anche solo seguendo le canzoni.

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        1. Anzitutto ti ringrazio moltissimo per aver anche speso tempo a cercare sul web lo spettacolo teatrale di cui parlavi ed effettivamente ammetto che anch’io mi sono arrestato di fronte alle difficoltà…
          Ti confermo invece che per svariati anni gestivo il settore anime della fumetteria Fat’s Dream di Bologna, insieme ad altri due soci, prima che un fallimento clamoroso ci facesse crollare a picco in stile Hinderburg, il dirigibile Zeppelin che nel 1937, dopo essersi gloriato dell’essere il più grande oggetto volante mai costruito (metafora perfetta per descrivere la mania di grandezza con cui avevamo dilatato gli spazi espositivi della nostra fumetteria fino a 900 metri quadri, in preda ad una vera incoscienza da otaku incapaci di tenerlo nelle mutande), precipitò in fiamme bruciando tutto ciò che conteneva e ciò che incontrò al suolo (mi scottano ancora le cicatrici…).
          Grazie ancora!

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          1. mi spiace. Una vera sfortuna che proprio la famosa band rock si sia schiantata sulla vostra fumetteria (sono ironico ovviamente, giusto per stemperare quelle cicatrici). Comunque capisco l’essere otaku e il vostro agire spavaldo

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            1. Essere otaku è una droga che oltretutto se ne sei anche spacciatore diventa praticamente una scimmia impossibile da scrollarsi…
              Buona giornata!

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  12. beh! come sia non amo il cinema e di conseguenza i film musicali ma non solo loro.Questi non riescono emozionarmi, anzi li trovo troppo stucchevoli con canzoni di cui non capisco nulla e balli ecc.
    Però devo ammettere che il tuo post è davvero interessante, scritto con arguzia e molto leggibile senza annoiare il tuo lettore.
    Si nota la tua grande capacità di sintetizzare in poche battute sensazioni ed emozioni che la visione provocano.

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    1. Grazie Bear! Mi piace quando elogi i miei post ed miei sforzi per renderli interessanti!! Specie quando, come in questo caso, metto davvero a dura prova chi legge, con tante, tante righe da leggere!!
      Rileggendolo appena scritto (cosa che è avvenuta poco dopo la visione del film), mi ero un po’ spaventato dalla lunghezza ma mi dispiaceva tagliarlo, perché in fondo la cosa per me importante era cercare di far capire come nella vita alcune esperienze (letture, visioni, ascolti, incontri, etc.) possono cambiare di molto le nostre percezioni… Odiavo i musical, anzi li disprezzavo proprio e prendevo persino per i fondelli chi invece li apprezzava ed ora mi ritrovo ad elencarne alcuni che sono persino parte del mio bagaglio culturale…
      Strana la vita!
      Comunque grazie sempre per le tue parole!

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      1. Certo che i gusti e le sensibilità possono variare nel tempo e farci ricredere su alcune affermazioni. I musical li ho trovati stucchevoli a suo tempo ma l’impressione negativa è rimasta. Questo non significa che non possa leggere articoli come i tuoi senza preconcetti di rifiuto a prescindere.
        Trovo sempre utile aprirsi a nuove visioni, ad apprezzare quello che un tempo si disprezzava.
        Di sicuro i tuoi post, che possono spaventare per la loro lunghezza, servono proprio a questo: capire il motivo per cui si deve cambiare idea.

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        1. I tuoi commenti e le tue risposte riempiono di gioia chi scrive!!!
          Grazie infinitamente, sul serio!

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  13. Stavolta non mi freghi…
    Ci eri quasi riuscito, debbo dartene atto, grazie a un incipit straordinario (i tuoi lo sono quasi sempre) nel quale non solo mi sono immedesimato ma che per qualche secondo mi ha fatto quasi temere di essere stato per tutta l’infanzia e adolescenza, vittima di un quale esperimento sociologico nel quale tu spiavi me e i programmi che si vedevano in casa… una sorta di Truman Show al contrario.

    Come ti dicevo, stavolta non sei riuscito a fregarmi. Perchè indubbiamente in molti sono stati corrotti da questo splendido post e correranno a vedere “Tick etc” oppure un altro musical.

    Non io, però.

    Io resisto. Imperterrito.

    Mi spiace amico, e lo dico sinceramente, perchè mi piacerebbe poter discettare con te anche di questo genere cinematografico, ma io i musical proprio non riesco a guardarli. Posso tollerare seppur a fatica quei film in cui le parti cantate sono rifatte in italiano, ma si tratta di una pattuglia sparuta perchè ovviamente i costi di rifacimento musicale e doppiaggio cantato sono ormai fuori budget per tutti. Comunque, al di là della lingua della canzone, ‘sto fatto che all’improvviso il\la protagonista si metta a cantare per esprimere qualcosa che avrebbe potuto dire parlando o anche solo gesticolando, mi manda in bestia. Voglio dire: se uscissi di casa e vedessi due persone che anzichè parlarsi normalmente si cantano a vicenda quello che si vogliono dire, chiamerei subito l’ambulanza…

    Ecco, ho questo limite insuperabile (limite mio, sia chiaro) che mi impedisce di gustare questo genere di film.
    Pensa che Tick etc avevo anche iniziato a vederlo ignaro del fatto che fosse un musical: ho interrotto la visione dopo 15 minuti, quando ormai avevo capito e chiarito la natura dell’opera.
    E un po’ (sotto sotto e non lo ammetterei mai neppure sotto tortura) invidio chi come te riesce a soprassedere sull’assurdità semantica di recitare cantando e si gode l’opera d’arte. Probabilmente son solo un cieco davanti alla Gioconda, ma neppure questa consapevolezza riesce a schiodarmi dal mio blocco!!!

    Grazie comunque per il post

    PS: una domanda. Ma il non aver menzionato Mary Poppins (il primo), è voluto o semplicemente non c’avevi pensato? Lo chiedo perchè credo sia l’unico musical che mi sia mai piaciuto…

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    1. Come te, anche altri commentatori hanno espresso la loro assoluta mancanza di empatia verso il musical, spesso, come nel tuo caso, escludendo anche possibili aperture possibiliste a casi particolari e ti assicuro, anzi, ti giuro che capisco loro benissimo e capisco anche te!!
      Ho passato davvero anni a non solo non apprezzare i musical ma persino a cercare di argomentare il mio disprezzo (con quell’uso maligno ed egocentrico che hanno taluni di voler dare una spiegazione logica per il loro diniego e quindi di fatto sminuendo l’apprezzamento altrui), con arguzie retoriche e fallacie logiche in cui sono maestro, ma alla fine ho dovuto capitolare ed è stato un capitolare molto recente…
      Insomma, a smuovermi dalla mia idiosincrasia non è stata davvero solo la potenza di alcuni film davvero epocali, come i due riferimenti fortissimi da me citati come opere pivot per comprendere la meta-testualità di Tick, Tick… Boom (tale, come lo era anche l’originale teatrale ed anche il successivo Rent, per altro in teatro spesso interpretato da quel Jesse Martin che in The Flash fa il papà di Iris), quanto l’amore per il Cinema nel suo complesso, di cui il Musical, specie in territorio statunitense e britannico, è colonna portante.
      Ancora oggi non riuscirei mai ad andare a vedere a teatro un musical, né in inglese né ancor meno italiano (continuo in privato a sbeffeggiare chi a suo tempo ha adorato lo spettacolo del Gobbo di Notre Dame di Cocciante), perché è una forma di intrattenimento culturale che non appartiene alla mia cultura ed un po’ mi dispiace persino, specie quando leggo di persone che vanno a Londra a vedere musical probabilmente interessantissimi e questo perché anch’io, come te, faccio fatica ad apprezzare una narrazione mezza cantata e mezza recitata, ma il cinema per me è come il cibo, lo amo tutto, senza barriere, senza preclusioni e senza freni…
      Poi c’è la musica, altro mio amore, che in alcuni film musicali è stata arricchita da canzoni strepitose, che anch’io mi ritrovo spesso a canticchiare (come quelle dei capolavori da me citati o di alcuni film Disney strepitosi, come il Mary Poppins da segnalato e che qui manca solo perché avevo già messo l’altro film leggendario interpretato dalla Andrews)…
      Insomma, io faccio ancora adesso a digerire un musical e li ammetto solo al cinema, laddove invece, a differenza di un tempo, riesco a goderne a pieno.
      Tuttavia, come scritto sopra, hai la mia totale ed assoluta comprensione!!!

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    2. Andando invece OT, ma che bomba è ultima stagione di Hanna? Ho adorato come l’autore abbia saputo strutturare la narrazione dell’evoluzione di Hanna in tre fasi di crescita anagrafica, tre modi di aprirsi al mondo, tre stagioni televisive e tre sviluppi della trama ed è bellissimo che Amazon gli abbia permesso tutto questo!
      È vero che l’autore era una garanzia (David Farr oltre il film cinematografico di Wright con la allora giovanissima Saorsi, da cui parte la serializzazione, ha scritto piccoli gioielli in teatro è qualcosa anche in Tv sempre rispettando l’intelligenza dello spettatore), ma non era scontato che approvassero il suo piano triennale… Bene così!

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      1. Ma sai che ancora devo vedere la terza stagione di Anna?
        Fino all’anno scorso, quando ancora usavo la cyclette in casa, approfittavo del mio allenamento quotidiano per vedere delle serie tv meno impegnative, prevalentemente di taglio action (spaziando da Anna, per l’appunto, fino al Berlantiverse) o procedural (spaziando anche qui da procedural molto canonici come SUITS a procedural più eterogenei come BOSCH).
        Ora che invece ho sostituito la cyclette con unba camminata quotidiana di un’oretta, il tempo per questo genere di serie tv è diminuito drasticamente…
        Tuttavia la serie mi intriga molto e questo tuo commento molto lusinghiero mi stuzzica. Ti faccio una domanda: ma quindi la serie si conclude con questa terza stagione? o è in cantiere una quarta?
        Lo chiedo perchè quando mi rendo conto che la minestra continua ad essere allungata, tendo a mollare…

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        1. Sulle serie ti capisco, essendo io onnivoro guardo di tutto, da quelle autoriali alla Refn fino alle più mainstream ma non digerisco più quelle troppo action-glamour (pompieri, poliziotti, etc.)…
          Dopo che gli fu proposto di serializzate a storia che aveva raccontato nel film, il nostro drammaturgo britannico costruì una narrazione si tre stagioni senza sapere se Amazon avrebbe tenuto fino alla fine ci sono riusciti.
          La storia della seconda stagione era la naturale evoluzione della seconda come la terza lo è della seconda e si tirano tutti i fili narrativi, senza lasciare in sospeso nulla.
          Non ci sarà mai una quarta, parola del suo scrittore che non è mai cambiato.

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          1. Allora devo guardarla per forza!

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  14. Un tizio domanda ad un altro: a te piacciono i musical ? e l’altro risponde: no a me no! e il primo prosegue: ma ti è piaciuto The blues brothers? Beh sì, E Jesus Christ Superstar? Certo, e Hair? Ma sì è coinvolgente, continuano un po’ e dopo aver parlato di calcio e di bionde da paura si salutano e ognuno va per la sua strada… Con le cuffie bluetooth ultima moda e con su Hot Patootie-Bless my soul…

    Ps.: sono troppo indietro su tutto, mi sono perso almeno 960 post di questo pazzo mondo, recupererò … in un paio di anni 🙂

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    1. Hai colto perfettamente il senso del mio post!
      Non mi dilungo oltre, per lo stesso motivo per cui questo week-end non ho mandato online il mio abituale post bisettimanale ovvero la Guerra in Ucraina: qualsiasi cosa avessi scritto che non avesse parlato dell’aggressione di Putin sarebbe stata derubricata ad “inutilia” forse dai miei lettori, ma di certo da me.
      Ci si aggiorna alla prossima settimana

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  15. Un’analisi e una riflessione davvero impressionante sui nostri pregiudizi sui generi cinematografici e su questa bellissima pellicola che è Tick Tick Boom!
    Onestamente non ti devi assolutamente vergognare di aver “snobbato” certi film o generi nel passato. Lo abbiamo fatto tutti, l’ho fatto anch’io ma per fortuna siamo tutti maturati con il tempo e l’esperienza e adesso siamo molto più aperti e pronti a buttarci nell’ignoto. Per farti un esempio io non apprezzo molto i film drammatici con protagonisti persone con malattie terminali. Il motivo è semplice: puntano tutto sulla pietà, vogliono farti impietosire del protagonista o di altri personaggi per via della malattia e questo io l’ho sempre trovato qualcosa di irrispettoso verso queste persone. Poi invece ci sono opere che sanno essere intelligenti e rispettose di queste persone come ad esempio il bellissimo Babyteeth (che ti consiglio di recuperare se non l’hai già fatto). Anche per la questione dei musical è lo stesso. A volte la gente li sottovaluta o li snobba, ma anche in quei casi ci sono delle opere d’arti meravigliose (io sto pensando anche al remake di West Side Story di Spielberg che io ho trovato stupendo e sorprendente).

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    1. Grazie amico mio del tuo abituale apprezzamento nei confronti delle mie analisi, che ultimamente sono sempre più discorsive e coinvolgenti settori sempre più ampi che non lo strettissimo oggetto, ma la mia abituale logorrea trova piena soddisfazione di poter condividere anche tutti quei pensieri e quelle considerazioni che spesso stanno dietro ad un giudizio netto… Odio il massimalismo e le scelte banalmente binarie, amo l’incertezza quando ci evita il fascismo dei massimalisimi (tali anche nel pensiero politico di sinistra, ahimè) ed infine il caos ha su di me un fascino particolare, perciò leggermi è sempre meno divertente e sempre più farraginoso, ma tu ci sei sempre: per me vuol dire molto.
      Sono molto contento che anche tu abbia apprezzato il musical con Garfield, davvero, che è opera importante anche per i suoi non-detti e questo aldilà dello specifico filmico…
      Non ho visto il film della Shannon Murphy e non ti nascondo che non l’avevo nemmeno messo in lista da vedere, ma ora, essendo da te consigliato con calore, mi obbliga a rimediare!!!
      Grazie ancora, Butcher!!

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      1. Lo sai che adoro le tue analisi. Ogni volta vedo una vera conoscenza del cinema ma anche di altri settori come serie televisive e musica che mi sorprende tantissimo. E oltre la conoscenza c’è anche la passione. Quest’ultimo elemento traspare sempre nei tuoi scritti. Mostri enorme conoscenza ma non la tieni per te, vuoi che anche gli altri ne facciano parte e questo è qualcosa da rispettare profondamente. Per me è sempre un piacere!

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        1. Questo è un super mega complimento!!!
          Mi tengo stretta ogni parola che hai detto perché sono cose che fanno davvero bene all’anima!
          Grazie ancora!

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          1. Ti meriti questi complimenti! Stammi bene!

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  16. Ci vorrebbero un paio di settimane per commentare! 😄😄😄
    Penso che ti sia preso giustamente i tuoi tempi per apprezzare anche il genere musical.
    A me piaceva molto Sandra Dee, i musical un po’ li rimpiango, erano altri tempi.
    Penso sia molto bello spaziare e concedersi il lusso di cambiare 💡 idea!
    Buona giornata 🌈

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    1. Mi scalda il cuore (muscolo che non teme la calura imperante in questi giorni, ma viene anzi ferito dal gelo dell’indifferenza) il tuo esserci per me e per i miei post e ti sto rispondendo non solo perché tu sei tu (ovvero una persona squisita e di grande umanità e levatura morale) ma perché mi sono imposto a suo tempo, come un vero imperativo etico, di rispondere sempre (anche quando non vorrei nemmeno avvicinarmi ad un pc) a chi mi regala il suo tempo per commentare le mie esternazioni!
      Si, perché il tempo è davvero qualcosa di molto prezioso per chiunque, anche per chi, apparentemente, non sembra abbia molto da fare nella vita (ma di cui non conosciamo mai davvero i demoni che lo attanagliano) e lo è a maggior ragione per chi invece deve combattere contro problemi concreti o problemi sentimentali o semplicemente, come sta capitando a me in questo periodo, deve combattere contro un trasloco lavorativo ed abitativo che mi sta alzando il livello di stress moltissimo…
      Perciò, grazie, sempre grazie, per le tue parole, per gli incoraggiamenti che arrivano dal tuo blog e per tutto.

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      1. Figurati, è un grande piacere per me, grazie per le parole buone che hai ogni volta per la mia persona, ne sono onorata, davvero!
        Mamma mia, il trasloco e i lavori a casa 🏡 sono il mio tallone di Achille, sarà che ho cambiato spesso abitazione e i traslochi li detesto, anche quando vado a migliorare.
        “Sii gentile con ogni persona che incontri, tu non sai quale, ma di sicuro sta combattendo una sua battaglia!”.
        Buona giornata 🌈 🌞 e buon proseguimento!

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